Le cipullizze calabresi

Lampascióni o cipullizze: prelibatezze della tradizione contadina che campeggiano su molte tavole calabresi durante questo periodo dell’anno e consumate sin dai tempi più remoti

A quanto pare anche agli antichi piacevano molto i lampascióni, i bulbi rossastri della Leopoldia comosa, erba delle liliacee chiamata comunemente cipollaccio col fiocco o anche giacinti dal pennacchio.

Pianta lampascione Leopoldia comosa
La pianta del lampascióneLeopoldia comosa (L.) Parl., syn. Muscari comosum (L.) Mill. Original Caption Gemeine Schopfhyazinthe, Muscari comosum (Fonte: it.wikipedia.org/)

In Calabria sono conosciute come le buonissime cipullizze (cipullizzi o cipuddrizzi) e sono spesso protagoniste, assieme agli altri piatti della tradizione, delle festose tavole natalizie.

Presente in tutto il Mediterraneo, nei campi, vigneti e incolti erbosi questa pianta ha un bulbo ovoideo, con 3 o 4 foglie lunghe fino a 30 cm e scapi terminati da un grappolo con molti fiori bruno-giallastri; all’apice un ciuffo di fiori sterili, cerulei o violacei.

Il bulbo globuloso delle cipullizze cresce a 12-20 cm sotto terra, ed è simile ad una piccola cipolla; ne esistono 50 varietà di cui 7 presenti nel territorio italiano.

Hanno una polpa soda, profumo aromatico mentre il sapore è decisamente amarognolo. Nel sud Italia, soprattutto Calabria, Puglia e Basilicata rappresentano una vera propria leccornia.

In queste regioni i lampascióni o le cipullizze sono ormai ufficialmente riconosciuti come PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale), con tutte le loro varianti di preparazione.

Consumati già dagli Egizi, a dar loro questo nome fu un medico greco di Bisanzio, Oribasio, nel V secolo a.C.; si dice che trovò questo bulbo rossastro che chiamò λαμπάς, cioè ‘splendente’ perché annunciava lo splendore del sole a primavera.

Alle cipullizze vennero attribuiti in passato molte proprietà e benefici: in tanti sostenevano che fossero afrodisiache[1].

I Romani le offrivano ai giovani sposi durante il banchetto nuziale augurandone così i loro poteri; infine erano considerate molto salutari per stomaco ed intestino[2].

I lampascioni per le loro caratteristiche divennero un prodotto di lusso: Diocleziano, infatti, nella sezione “De oleribus et pomis” dell’Edictum de pretiis rerum venalium, emanato nel 301 d.C. e che stabiliva il prezzo massimo per vari tipi di merce, li rese carissimi.

Anche oggi il prezzo non è affatto basso e le cipullizze non sono reperibili ovunque; si preparano in vari modi e sono buonissime: soffritte in padella con le patate e le uova, oppure bollite e poi conservate sott’olio con gli aromi più diversi.

Lampascioni o cipullizze
I ampascióni o cipullizze puliti e sbollentati

Altre deliziose ricette le vedono condite con mosto cotto, fatte ad insalata, fritte in pastella, al forno col capretto, cucinate con vino bianco e pancetta oppure con pomodorini invernali appesi, origano e pecorino.

Ma in Calabria la variante forse più diffusa è con il peperoncino e l’alloro. Le cipullizze hanno un sapore molto deciso in cui l’amarognolo si fonde ad un retrogusto dolce e per questo, secondo me, la semplicità batte tutte.

Le cipullizze alla calabrese
Le cipullizze alla calabrese con alloro, peperoncino e aceto

Ed è per questo che sono immancabili ai nostri cenoni come secondo piatto o come contorno. Vi lascio qui la ricetta.

Buon appetito!

 

Cipullizze alla calabrese

Ingredienti per 4 persone:

  • 500 circa gr. di cipullizze;
  • Qualche foglia di alloro;
  • Peperoncino rosso in polvere dolce o piccante;
  • Olio extravergine di oliva;
  • Sale;
  • Aceto di vino.

Preparazione:

Lavare le cipullizze accuratamente per eliminare bene la terra; lasciarle a mollo in acqua per circa un’ora cambiando l’acqua due o tre volte per eliminare un po’ di amaro e sbollentarle.

Una volta scolate, mettere le cipullizze intere in una padella larga con abbondante olio, peperoncino rosso, sale e le foglie di alloro spezzate.

Ricoprire di acqua e lasciar cuocere; aggiungere a fine cottura l’aceto di vino (la quantità è a piacere in base ai gusti) e lasciare evaporare. Se sono ancora un po’ crude, aggiungere acqua finché non avranno raggiunto la giusta cottura.

Si consumano come contorno di carne o pesce o semplicemente con pane. Alcuni in cottura preferiscono schiacciare le cipullizze con la forchetta per renderle più morbide.

Le cipullizze calabresi

 

Sitografia

foodfilebasilicata.blogspot.com

www.taccuinistorici.it

www.treccani.it

 

[1]Ecco, ti darò anche, per usare ogni dono della medicina, i cibi da evitare e da seguire. Il bulbo della Daunia o quello mandato a te dalle coste della Libia, o venisse pure da Megara, ti sarà comunque nocivo. Nondimeno è opportuno evitare le afrodisiache ruchette e tutto ciò che prepara i nostri corpi all’amore. Più utile che tu prenda la ruta che aguzza la vista e tutto ciò che nega i nostri corpi all’amore”. Publio Ovidio Nasone, Remedia amoris, 795-800 (I sec. a. C.-I sec. d. C.).
”[…] sono apprezzati soprattutto quelli (i bulbi) nati in Africa, poi quelli dell’Apulia”. Plinio, Naturalis historia, XIX, 30;
”I bulbi di Megara stimolano al massimo grado il desiderio amoroso…” Plinio, Naturalis historia, XX, 105.
”[…] e vengano da Megara i fecondatori semi di bulbo che eccitano gli uomini e li armano per le fanciulle e quelli che la Numidia raccoglie coperti dalle zolle getule e la ruchetta che viene seminata vicina al fecondatore Priapo per svegliare all’amore i mariti addormentati”. Lucio Giunio Moderato Columella, De re rustica, X, 105-109(I secolo d. C.).
[2]Il bulbo commestibile. Il bulbo commestibile è noto a tutti come cosa che si può mangiare; salutare per lo stomaco, libera l’intestino, è rossastro e viene importato dalla Libia; è amaro, simile alla scilla, più salutare per lo stomaco, favorisce la digestione. Tutti sono aspri, danno calore e eccitano al rapporto sessuale […]”. Dioscoride Pedanio, De medicinali materia, II, CLXI (I secolo d. C.).
I bulbi sono di difficile cottura ma molto nutrienti e salutari per lo stomaco; inoltre sono purgativi e indeboliscono la vista, ma sono eccitanti nei rapporti sessuali. Il proverbio dice: Per niente ti gioverà il bulbo se non hai vigore. In realtà sono afrodisiaci tra loro quelli chiamati regali, che sono superiori agli altri, tra i quali quelli rossastri. Invece quelli bianchi e quelli della Libia sono simili alla scilla; i peggiori tra tutti, però, sono quelli egiziani”. Galeno, I sec. a.C.
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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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