A Mandatoriccio (Cs), comune calabrese della Sila Greca, si preparano dei dolci tipici unici: si chiamano Manicotti, profumati, fritti e soprattutto buonissimi
Mandatoriccio (Cs) si affaccia sulla costa ionica cosentina dai suoi rigogliosi rilievi collinari dove dominano l’ulivo e la vite; si trova a circa 600 metri s.l.m ed è un piccolo centro di poche migliaia di abitanti.
Per molti secoli fu crocevia di pastori transumanti che conducevano le loro greggi dal mare alla montagna e viceversa.
Un territorio ricchissimo bagnato da due torrenti, l’Arso e l’Acquaniti, luogo ideale dove fermarsi per riposare e rifocillarsi; a Mandatoriccio sono infatti ancora presenti strutture e abbeveratoi che un tempo servivano a ristorare uomini e armenti.
Il Castello dell’Arso (noto anche come Torre dell’Arso) si trova nel comune di Mandatoriccio (Cs) nei pressi del fiume Arso; è un castello normanno risalente all’XI secolo, eretto per volere di Roberto d’Altavilla. L’edificio nella sua unicità si caratterizza per le quattro facciate in pietra le cui mura si presentano a forma bastionata stellare, con gli spigoli angolari molto accentuati, che fungono da contrafforti triangolari.
Il toponimo Mandatoriccio si riferirebbe al cognome del suo fondatore, Teodoro Mandatoriccio, che potrebbe derivare dal latino mandatoricius (da mandator ossia “subordinatore” o mundator “ripulitore”) oppure, secondo altre ipotesi, dal più antico greco màndràtoras ovvero “padrone di mandrie”.
Per alcuni però la sua fondazione risalirebbe attorno al 1535, quando un tale Francesco Mandatoriccio, esiliato politico fiorentino, fece sorgere un primo agglomerato urbano che avrebbe poi dato origine al paese.
La tesi ormai più accreditata sostiene, invece, che Mandatoriccio si sarebbe sviluppato verso i primi del Seicento per volere di quel Teodoro Mandatoriccio, signore di Crosia[1].
Mandatoriccio come gli altri borghi della Sila Greca custodisce storia, cultura e tradizioni.
La sua cucina è ricca di gustose pietanze che coniugano spesso mare e montagna:
dai crustuli (più conosciuti in Calabria come grispelle, grispedde, zeppole o cullurialli) alla sardella (VEDI POST) che qui non manca mai, alle salsicce e soppressate (VEDI POST “I sapori della Sila”), formaggi e ricotte come quella “salata” (VEDI POST “Formaggi di Calabria e tradizioni cosentine”) per non parlare dei dolci.
A Mandatoriccio se ne fanno alcuni che a quanto pare non sono presenti in nessun altro paese del circondario e, credo, dell’intera regione: sono i buonissimi e particolari Manicotti.
I Manicotti di Mandatoriccio richiamano quell’accessorio di origine nordica in cui si infilano le mani per ripararle dal freddo e che fa la sua apparizione nella seconda metà del XV secolo;
ma secondo le mastre mandatoriccesi, il nome deriverebbe dal fatto che vengono “avvolti nelle mani” e poi fritti.
Una ricetta che si tramanda di generazione in generazione, da madri a figlie e da nonne a nipoti quella dei Manicùatti, come sono chiamati in dialetto;
a Mandatoriccio sono tipici del Natale ma si preparano ormai in molte altre occasioni soprattutto per matrimoni ed eventi in cui si festeggia qualcosa (nascite, lauree, etc).
Quali sono gli ingredienti e come si preparano i Manicotti?
Gli ingredienti dei Manicotti sono farina, lievito madre (la lavatina), acqua, olio, uova, vermuth (o vino dolce) cannella e chiodi di garofano, zucchero.
Bisogna impastare la farina con il lievito sciogliendolo con l’acqua, aggiungendo le uova assieme ad olio e vermouth (o vino bianco dolce), cannella e chiodi di garofano, fino ad ottenere una bella pasta compatta.
Dopodiché si deve lasciar lievitare bene l’impasto; si preparano dei filoncini che verranno messi a lievitare e da tagliare successivamente a fette.
Si passa poi alla creazione vera e propria dei manicotti: si prendono le fette di pasta lievitata e si lavorano appiattendole;
dopodiché si prendono le strisce singole e si chiudono avvolgendole attorno alla mano e si dà loro la forma, passandoli sul lato di un cestino così da imprimerci sopra il segno delle canne
Preparato l’olio nelle frissure ampie e profonde, lo si porta a temperatura; si immergono pian piano i manicotti e si friggono.
La parte più importante e caratteristica di questi dolci è che devono essere girati immediatamente con uno spiedo di legno o di canna per evitare che perdano la loro bella forma.
Quando i Manicotti saranno dorati, gonfi e galleggeranno, saranno pronti.
Devono poi essere lasciati sgocciolare bene in un recipiente; possono essere mangiati così oppure passati nello zucchero e cannella.
I Manicotti di Mandatoriccio sono dolci abbastanza grandi e, come dicevo prima, non sono presenti nelle altre gastronomie locali;
simili per forma possono essere i Macallè o Cartocci, una specialità della pasticceria siciliana che altro non sono che paste brioches fritte riempite di crema pasticcera o anche ricotta e cosparse di zucchero.
Un po’ più lontano da noi, è il Manicotto di Boemia, il trdelník (anche detto trdlo), caratteristico di Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia.
Anche questo impasto è semplice: un pane dolce che prima della cottura viene modellato a mò di un lungo filoncino, arrotolato attorno ad un bastone metallico;
cosparso di zucchero e cannella, il Manicotto viene messo a cuocere sul bastone in un forno che lo fa ruotare.
Il calore lo cuoce uniformemente e fa sciogliere lo zucchero e la cannella così da creare una patina croccante[2].
Si chiamano Daebla o Manicotti di Purim anche dei dolci tipici della tradizione ebraica, preparati proprio in occasione di questa festività[3].
Sono fatti con ingredienti semplicissimi: si impastano farina e uova e si stende una sfoglia sottilissima poi tagliata a strisce, quasi come quella delle chiacchiere.
Anche i Manicotti di Purim vengono fritti: la forma non è proprio quella di un Manicotto, piuttosto quello di una rosa perché nella frittura la pasta viene avvolta attorno ad una forchetta e arrotolata su se stessa.
Una volta pronti vengono passati in uno sciroppo di miele diluito in acqua e fiori d’arancio e cosparsi di semi di sesamo.
Dei Manicotti di Mandatoriccio non si riescono a trovare notizie storiche che possano spiegare la sua tradizione; è un dolce che da moltissimi anni fa parte della cultura gastronomica del paese.
Tutti li conoscono, ma di fatto nessuno è in grado di raccontarne le origini o la diffusione o il perché di questa forma particolare.
Quello che è sicuro è che anche i Manicotti fanno parte di quel tesoro culturale rappresentato dalla cucina popolare, fatta di pochi e semplici ingredienti, spesso molto calorici;
un prodotto che richiama il passato, che preserva una memoria a cui si resta ancora aggrappati, legata a sapori e profumi autentici di quando con poco si aveva tutto.
Per le sue caratteristiche, nel 2021, il Manicotto è stato identificato quale prodotto De.Co. e iscritto nell’apposito registro comunale.
→VEDI ANCHE IL VIDEO SUI MANICOTTI DI MANDATORICCIO
Bibliografia e sitografia
Franco Emilio Carlino, Mandatoriccio. Storia di un feudo, Imago Artis Edizioni, 2016
Franco Emilio Carlino, Manicùatti in Mandatoriccio. Storia, costumi e tradizioni, Ferrari Editore, Rossano 2010, pag. 187
Francesco Cataldo Verrina, Mandatoriccio, IlMioLibro SelfPublishing Editore
Calabria Produttiva, Quadrimestrale di informazione Anno 5 n. 2, Editrice Big Agency Surl
www.treccani.it
it.wikipedia.org
www.mosaico-cem.it
Molto interessante la storia gastronomica dei manicotti di Mandatoriccio che rflette anche la storia di questo piccolo centro calabrese. Trovo interessante anche le affinita’ etniche di questo dolce con altre culture che hanno influenzato i nostri costumi e usanze. Importante anche gli accenni storici sulle origini nobili di Mandatoriccio, pero’ spesso viene trascurata l’influenza della gente povera che perseguitata ha trovato rifugio nei boschi della Sila e Presila. Non e’ un caso che molti dei cognomi e soprannomi di mandatoriccesi sono simili a quelli di ebrei di Serrastretta e “Nicastro”. Sarebbe interessante fare delle ricerche sui flussi migratori dei primi anni del 1600, anni della “santa inquisizione”. Ricordo che il Prof. Corrado Ascolillo nella sua tesi di laurea aveva fatto delle ricerche sulla influenza della cultura ebraica in Calabria.
Grazie Mario!
Il mio blog si occupa di raccontare il valore culturale che ruota attorno al vino e al cibo. Sarebbe molto bello fare questo tipo di ricerche, ma per tematica non me ne potrei occupare. Ci sono tantissimi aspetti della nostra cultura che affascinano e meriterebbero molta più attenzione. Un caro saluto!
Salve Giulia, bellissimo articolo.
Mi pare che in certi posti di Sicilia si chiamino MANICOTTI i cartocci, quelli simili ai cannoli, ma fatti con la pasta briosche.
E in Inghilterra e Stati Uniti vengono chiamati MANICOTTI i cannelloni! Non ho ancora scoperto da quale paesino sia venuta fuori l’associazione cannellone-cannolo-cartoccio-manicotto.
Cara Adriana,
sto facendo ricerche su questo dolce da un pò di tempo ma purtroppo non ho scoperto molto.
Tu sei calabrese?