Dolce, vellutato ed elegante: vi racconto il passito dell’Elba che nasce dall’omonimo vitigno e che conquistò anche Napoleone, l’Aleatico

Conosciuto da secoli, l’aleatico è un vitigno a bacca nera di remota coltivazione, la cui origine è, ancora oggi, dibattuta. Secondo alcuni autori, come Cosimo Trinci[1] sarebbe stato introdotto dai Greci in Italia, in particolare in Puglia e nel Lazio.

A supporto di questa tesi, si pensa che l’antico nome liatico o liatica possa derivare dal vitigno greco liatiko, coltivato a Creta, che però risulta ben diverso dall’aleatico diffuso in Italia; oppure che il nome derivi dal greco iouliatico, che significa “luglio”, il mese della sua maturazione.

Pier De Crescenzi (1303) invece, sostiene che l’aleatico sia di origine toscana: egli elenca il livatica tra le antiche varietà coltivate nella regione. Secondo altri studiosi come Giorgio Gallesio[2] (1839) l’uva liatica o livatica, deriverebbe dalla propagazione per seme dei moscati.

Recenti studi condotti da Crespan e Milani[3] (2001) hanno dimostrato che l’aleatico ha un legame di parentela diretta con il moscato bianco, dal quale ha ereditato la sua inconfondibile aromaticità. Per essere più precisi, tre accessioni di Aleatico Nero sono risultate identiche nell’analisi del DNA a tre accessioni di Moscatello Nero.

Ciò darebbe ragione a Giuseppe Di Rovasenda[4] (1877) che sosteneva che i nomi moscatello nero e moscato nero erano usati in alcune parti d’Italia per indicare l’aleatico. Poiché è stabilito che il moscatello nero ha legami di parentela diretta con il Moscato Bianco, anche l’aleatico può essere assimilato a questa varietà.

In passato era conosciuto inoltre un aleatico a bacca bianca, come sostengono in epoche diverse il De Crescenzi e molto più tardi Girolamo Molon[5] (1906). La varietà nera si è diffusa anche nelle Marche dove è conosciuta come vernaccia moscatella o vernaccia di Pergola, che talora era confusa con il Moscato Nero, mentre altro non è che un clone di aleatico.

Oggi l’aleatico è diffuso soprattutto in Toscana, in particolare sulla fascia costiera (in vecchi vigneti promiscui) e nell’isola d’Elba, dove fino a qualche decennio fa era utilizzato anche come uva da tavola, e che oggi, nella versione passita, è diventato una delle DOCG della regione (Elba Aleatico Passito o Aleatico Passito dell’Elba).

E’ presente in molte regioni dell’Italia centromeridionale, quali Romagna, Marche, Lazio (DOC Aleatico di Gradoli), Campania, Sicilia, e Puglia (DOC Aleatico di Puglia).

Il grappolo è medio o medio-piccolo, allungato, leggermente spargolo o mediamente compatto e dotato di un’ala. L’acino è di media grandezza e sferoidale, con una buccia di colore blu, spessa e molto pruinosa. L’epoca di maturazione è medio-tardiva in Toscana e piuttosto precoce in Puglia (prima metà di settembre).

Grappolo di Aleatico (Fonte: enotecaregionalepuglia.com)

La coltivazione dell’aleatico richiede terreni soleggiati e un clima caldo, asciutto e ventilato; l’illustre e già citato botanico ottocentesco Gallesio, sempre a proposito di questo vitigno così scriveva: “Qualunque sia il luogo dal quale ci è pervenuta quest’uva, sarà sempre vero che la Toscana è il paese dove il vino è nato ed ha preso la sua reputazione…”.

E’ proprio grazie alle ottime condizioni pedoclimatiche che l’aleatico ha avuto grande diffusione e fama nella zona dell’Elba, soprattutto nel periodo mediceo. Se ne otteneva infatti, un nettare dolce, un passito dal gusto pieno e dai profumi eleganti, il vino elbano per antonomasia.

Come disse Luigi Veronelli, l’Aleatico è un “vino che manda fuori di testa” e anche Napoleone Bonaparte si innamorò del passito dell’Elba durante la sua permanenza sull’isola, tra il 1814 e il 1815; da grande consumatore, l’imperatore si occupò all’epoca anche delle vigne favorendone un forte impulso produttivo, tanto che un successivo censimento contò ben 32 milioni di viti: dalle pianure più piccole fino alle colline, l’Elba era tappezzata e modellata da vigneti.

Quando Bonaparte lasciò l’isola per riconquistare il potere in Francia, durante i famosi 100 giorni, ricordava questa bellissima isola, forse con un pizzico di nostalgia, dicendo: “Gli abitanti dell’Elba sono forti e sani perché il vino della loro isola dà forza e salute”.

Rosso, dolce e soprattutto profumatissimo, l’Aleatico dell’Elba è un vino che si ottiene da uve appassite al sole, secondo l’antica tradizione. Verso fine agosto si raccolgono solo i grappoli perfettamente integri e si dispongono su graticci di canne o contenitori traforati, senza sovrapporli. L’appassimento, dunque, continua sotto il caldo sole settembrino che all’Elba chiamano “settembre seccafichi”.

Aleatico in appassimento su graticci al sole (Fonte: thetuscany.net)

Nasce così questo Aleatico passito complesso ed avvolgente, come quello dell’azienda Acquabona di Portoferraio (LI): di un rubino intenso, dagli intensi sentori di frutta rossa come amarene, prugne secche, mirtilli e more, delicate venature floreali di rosa, viola e peonia con sfumature di erbe officinali, fino ad arrivare alle spezie come la cannella o i chiodi di garofano e anche il cacao; in bocca è vellutato, un’armonia dei sensi che richiama nuovamente la frutta e i fiori in un finale lunghissimo e appagante.

L’Aleatico Passito dell’Elba DOCG dell’azienda Acquabona di Portoferraio (LI) – Degustazione evento Food&Wine in Progress, Stazione Leopolda – Firenze, 02/12/2017

L’Aleatico è vinificato in purezza anche secco: da uve queste si ottiene un vino rosso rubino dai riflessi violacei, molto aromatico e fine, con note di violetta, frutta rossa e confettura, al gusto intenso, caldo, morbido, e persistente.

 

 

Bibliografia e sitografia

Guida ai vitigni d’Italia. Storia e caratteristiche di 600 varietà autoctone, Slow Food Editore, 2011, pagg. 58-59

www.acquabonaelba.it

www.infoelba.it

 
[1] L’Agricoltore sperimentato, ovvero regole generali sopra l’agricoltura, coltivazione delle viti, degli alberi, ecc., Marescandoli, Lucca, 1726 – Venezia, 1778. Egli così descrive l’Aleatico: “fa il vino pochissimo colorito, sciolto, sottile molto spiritoso, con un odore così delicato, grato e gustoso forse più del Moscadello”.
[2] Pomona italiana, ossia trattato degli alberi fruttiferi, Capurro N., Pisa, 1817-1839
[3] The muscats: a molecular analysis of synonyms, homonyms and genetic relationships within a large family of grapevine cultivars, Vitis, vol. 40, pp. 23-30
[4] Il Di Rovasenda elenca i vitigni con i loro sinonimi: “Aleatico comune, vedi pure Aleatico nero tra le uve di Roma”.
[5] Molon (in Ampelografia – Descrizione delle migliori varietà di viti per uve da vino, uve da tavola, portainnesti e produttori diretti) dedicò a questo vitigno una ampia trattazione considerando la Toscana la zona di coltivazione di maggiore fama (Firenze e Siena) e riportando in ordine di importanza anche la diffusione in altre regioni: Romagna, Marche, Umbria, Lazio, Campania, Molise, Abruzzo, Puglia, Sicilia e Corsica.
fb-share-icon20
Tweet 20

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

* Questa casella GDPR è richiesta

*

Accetto / Accept

Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

Potrebbe anche interessarti...