La vite è una pianta rampicante che viene allevata in modi diversi: vediamo quali e quanti sono
Per allevamento della vite si intende la sua coltivazione e la sua ‘impostazione’ all’interno del vigneto.
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Ci sono diverse classificazioni delle forme di allevamento della vite, ad esempio in base all’altezza da terra dei rami a frutto, alla direzione nello spazio (verticali, orizzontali, oblique o a tetto), alla potatura corta o lunga.
Quando viene impiantato un vigneto nuovo la scelta del sistema di allevamento della vite viene dettata da diversi fattori che riguardano soprattutto la tipologia del vitigno e le condizioni pedoclimatiche della zona.
Il sistema di allevamento della vite deve inoltre garantire un’esposizione ideale delle foglie ai raggi solari e una circolazione dell’aria tra le foglie e grappoli per evitare che l’umidità possa creare muffe pericolose.
Agli albori della viticoltura, con l’arrivo dei Greci nel Sud Italia, la vitis vinifera venne coltivata prevalentemente ad alberello senza pali o canne di supporto (detto ‘sostegno morto’), in vigneti fitti e potati corti a sperone.
Nel sistema di allevamento ad alberello i tralci vengono fatti crescere direttamente sul terreno.
Nel sistema di allevamento della vite ad alberello basso il tronco è mantenuto a 40-60 cm da terra, a volte interrato come a Pantelleria; per ottenere produzioni di qualità si lasciano poche gemme (6 o 8 solitamente).
Questa tecnica tradizionale è utilizzata generalmente in zone calde, come nel Bacino del Mediterraneo, dove il clima arido non provoca ristagni idrici che potrebbero danneggiare i grappoli.
L’alberello consente un’alta densità di piante per ettaro; ne esistono varie forme che si differenziano a seconda del tipo di potatura che viene effettuata (cortissima, corta, lunga, mista) e delle regioni in cui è stato impiegato.
Nella potatura cortissima a testa di salice è detto alberello greco; in quella corta alberello pantesco, alberello pugliese o siciliano, alberello a vaso, alberello a ventaglio;
nella potatura lunga alberello alcamese e nella mista alberello alcamese, alberello marsalese o sistema imerese.
Parallelamente ai Greci, gli Etruschi nell’Italia centro-settentrionale allevavano invece la vite maritata[1], ovvero utilizzavano come tutore della vite un albero vivo.
Gli Etruschi svilupparono questa tecnica in due varianti, una è la cosiddetta alberata, dove la vite è sostenuta da un singolo albero tutore ad alberi isolati;
l’altra è la piantata, dove invece le viti vengono legate ad alberi disposti in filari e i loro tralci sviluppandosi passano da un albero all’altro[2].
Con questo sistema di allevamento la vite cresceva molto e gli alberi utilizzati come supporto erano pioppi, aceri, olmi, ulivi ed alberi da frutto vari.
In Campania, ad esempio, sopravvivono ancora esempi di vite maritata nelle alberate aversane ( o casertane) dove il vitigno coltivato è l’asprinio di Aversa, con pioppi come tutori alti fino a 15 metri[3].
Questi sistemi di allevamento con il passare dei secoli diedero origine ad altre forme.
C’è il sistema di allevamento a pergola che comprende diverse tipologie caratterizzate dalla creazione di un reticolo più o meno orizzontale al terreno, ad altezza variabile, sul quale far crescere i tralci.
Si tratta di un metodo che è spesso, ma non sempre, legato alle regioni dell’Italia settentrionale.
Ha il vantaggio di far crescere i tralci e i grappoli lontano dall’umidità del terreno e con una esposizione ai raggi del sole prolungato tale da supportare uno sviluppo fogliare che ripara i frutti.
Le più diffuse varianti dei sistemi a pergola ancora in uso sono quella trentina semplice e doppia quella veronese, la valdostana, a tendone, la bellussera[4], e la pergola bassa delle Cinque Terre.
Poi c’è il sistema di allevamento a spalliera (o controspalliera) con altrettante tipologie: il guyot, il doppio capovolto, il cordone speronato, il sylvoz, il casarsa, il cordone libero, la palmetta, il duplex e il G.D.C. (geneva double courtain).
Nell’impianto a spalliera la struttura di sostegno della vite è posta orizzontalmente e lungo il filare; presente soprattutto nelle regioni fredde, permette di ottimizzare l’insolazione e la capacità fotosintetica all’interno delle foglie.
Il guyot (abbinato ad una potatura che lascia circa 8-15 gemme per ceppo) e il sylvoz rappresentano i sistemi di allevamento a spalliera più utilizzati in Italia (il guyot anche in Europa).
Nel resto del mondo invece il sistema di allevamento della vite più diffuso è il cordone speronato perché è più adattabile alla vendemmia meccanizzata, così come il G.D.V.
Bibliografia
Il mondo del sommelier, Associazione Italiana Sommelier, pagg. 40-42
Mario Fregoni, Origini della vite e della viticoltura, Tecniche Nuove pagg. 837-845
Rete Rurale Nazionale 2014-2020, Individuazione di indici quantitativi e qualitativi e delle fonti informative (banche dati, mappe consultabili) relative alle tecniche di allevamento e architettura degli impianti e dei mosaici paesistici, relativi ai paesaggi rurali storici, Dicembre 2016
bel sito, appunti molto interessanti e ben scritto.
Grazie
Marzia
Grazie di cuore, Marzia!
Sintesi, precisione, competenza. Complimenti. Come iscriversi?
Ciao Eugenio,
grazie mille per i complimenti!
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A presto!