Cibo

La ritualità, il folklore e la tradizione dei Mostaccioli di Soriano

Mostaccioli di Soriano (VV) forme

I mostaccioli sono dolci tradizionali calabresi: quelli che si fanno a Soriano Calabro (VV) sono diventati famosi per le loro particolari forme legate ad immagini arcaiche e a rituali religiosi

I dolci della Calabria si chiamano ‘mostaccioli’ e si fabbricano a Soriano […] anche se tutti li conoscono come mostaccioli di Seminara, dove se ne vendono a tonnellate per la festa d’agosto[1].

Sono fatti di farina e miele. Cotti al forno, diventano durissimi e bruni. Discutibile è il loro sapore. Le loro forme però incantano.

Lavorati pezzo dopo pezzo, raffigurano pecorine accasciate sui prati, colombe innocenti, galletti spiritosi, cavalli sfrenati con sulla groppa un ardito cavaliere, vergini trasognate con la palma del martirio,

oppure enormi cuori recanti varie scritte per traverso, o che ripetono al lettera iniziale del paese d’origine e di quello di maggiore smercio, una esse grandissima e aggraziata.

I mostaccioli sono adornati di stagnola. Verdi prati punteggiati di rossi fiori fioriscono sotto l’agnello, alte e azzurre sono le palme delle vergini, purpurei sono cresta e bargigli dei galletti,

argentee e dorate sono briglie e spade, mentre i cuori fitti di trame ricamate come un merletto scandiscono le lettere amorose col color della fiamma.

Chi li acquista o riceve si guarda bene dal mangiarli. Piuttosto ne adorna la casa, perché sono belli da vedere e mettono pensieri buoni.

Così, a poco a poco saranno dimenticati, si ridurranno in niente. Pochi però sanno che, un tempo, quando la Calabria era Magna Grecia, ed al posto dei santi familiari di oggi c’erano gli dèi pagani,

questi dolcetti venivano offerti alle divinità come ex voto, per grazia ottenuta o richiesta, e avevano le stessissime forme di oggi.

Ne parla un poeta vissuto tre secoli prima di Cristo, Teocrito, che li descrive con grande precisione.

Neppure allora si mangiavano, quand’erano offerti agli dèi, però parlavano lo stesso linguaggio di oggi, suadente e gentile[2].

Vengono presentati così i Mostaccioli di Soriano, dolci tipici conosciuti in tutta la Calabria e oltre.

Mostaccioli di Soriano Calabro
I Mostaccioli di Soriano Calabro (VV)

I Mostaccioli[3] sono chiamati dialettalmente ‘mastazzola’, ‘mustazzoli’ o ‘nzudde’; compatti e duri, sono confezionati in svariate forme (circa cinquanta) e decorati con stagnola colorata[4].

Soriano Calabro è un piccolo borgo della provincia di Vibo Valentia che si estende su un crocevia alle pendici delle valli su cui si snoda la strada verso l’altopiano montano delle Serre.

Soriano è diventato famoso proprio per la bravura dei suoi maestri mastazzolari, abili artigiani che di generazione in generazione trasformano un semplice impasto di farina e miele in vere e proprie opere d’arte.

Ogni ‘pezzo’ è lavorato unicamente e rigorosamente a mano, nessuno stampo, solo qualche attrezzo del mestiere come ‘la ferruzza’.

Sull’origine dei Mostaccioli non ci sono notizie sicure; quello che è certo è che dolci simili a questi sono descritti già negli idilli del poeta greco Teocrito tra il IV e il III secolo a.C.:

E i cibi che le donne preparano sul tagliere, mescolando fiori di ogni genere con la bianca farina, e quelli che si fanno con dolce miele e nel liquido olio, tutto è qui, in forma di uccelli e di animali[5].

Una leggenda popolare vuole che la ricetta dei Mostaccioli sia stata portata a Soriano da un misterioso monaco della Certosa di Santo Stefano del Bosco di Serra San Bruno.

Quest’arte dolciaria fu trasmessa ai frati domenicani del convento di S. Domenico di Soriano nato nel 1510, e diventò molto fiorente tra il ‘600 ed il ‘700.

Soriano Calabro (VV) Complesso Monumentale di San Domenico
Soriano Calabro (VV), il Complesso Monumentale di San Domenico (Fonte: turismosorianocalabro.org)

Ancora oggi per celebrare il forte legame con il mondo monastico ai migliori artigiani del Mostacciolo di Soriano viene attribuito lo pseudonimo di u monacu[6].

La massima espressione di queste creazioni dolciarie si evidenzia nel corso della festa di S. Domenico, proclamato patrono principale del Regno di Napoli nel 1640, e che si tiene a Soriano il 15 settembre.

Le forme tradizionali più diffuse dei Mostaccioli di Soriano sono ‘u panaru griecu’, ‘a grasta’, ‘a parma’, ‘u cori’, ‘u pisci spada’ o ‘a sirena’, oltre a quelle particolari nate dalla fantasia dei produttori.

Mostaccioli di Soriano Calabro
Le forme dei Mostaccioli dell’Antica Casa del Torrone e Mostaccioli De Nardo di Soriano Calabro (VV)

L’iconografia dei Mostaccioli di Soriano fa parte di un ricco repertorio che coinvolge il sacro ed il profano, in cui figure antropomorfe e teriomorfe (di uomini e di divinità o di figura mitica raffigurata in forma di animale) affascinano da sempre antropologi ed etnologi.

I Mostaccioli di Soriano rappresentano un immaginario folklorico-rituale ricco di interpretazioni e significati.

Mostaccioli di Soriano Calabro (VV) vaso d'uva De NArdo
Mostaccioli di Soriano Calabro (VV): vaso d’uva dell’azienda De Nardo

Con tutta probabilità riprendono proprio la pratica religiosa dell’ex-voto attraverso immagini arcaiche raffigurate in bassorilievi di pasta dolce.

Questi vengono ancora utilizzati nei santuari in Calabria e nel Meridione d’Italia quale ringraziamento per le grazie ricevute dai santi.

A Gerocarne (VV), paese nelle vicinanze di Soriano, in occasione della festa di San Rocco i Mostaccioli non diventano solo oggetti devozionali[7], ma venduti alle bancarelle sono un ‘gioco’ liturgico anche per i bambini.

I Mostaccioli vengono infatti spezzati e mangiati quale cibo cerimoniale, un simbolo apotropaico legato al culto religioso.

Molto più raramente oggi, in alcuni paesi i Mostaccioli di Soriano sono regalati dal fidanzato alla fidanzata come pegno d’amore o patto di promessa.

Per ufficializzare la richiesta di matrimonio il giovane porta a casa della ragazza un fazzoletto di seta con quattro mostaccioli esposti: un cuore[8], una ‘papa’ (una bambola), un pesce ed una ‘esse’.

Un repertorio di forme dei Mostaccioli di Soriano è custodito presso il Museo Calabrese di Etnografia e Folklore “R. Corso” di Palmi e presso il Museo delle Arti e Tradizioni Popolari “Lamberto Loria” di Roma.

A Soriano si producono non solo Mostaccioli ma anche altri dolci della tradizione: susumelle, torroni di arachidi, mandorle e miele (soprattutto nel periodo natalizio), biscotti mandorlati.

La ricetta dei Mostaccioli di Soriano vede protagonisti il miele (tra cui quello scuro di castagno lievemente amarognolo ma molto aromatico che gli conferisce il caratteristico ed intenso profumo), farina q.b. e acqua.

Setacciata la farina sulla spianatoia, si versa una parte di acqua e tre di miele, sciolto a bagnomaria in inverno mentre d’estate si scioglie a freddo.

Si amalgama il tutto con la farina; la pasta non deve risultare né troppo molle né troppo dura altrimenti potrebbe compromettere la buona riuscita dei Mostaccioli.

Poi si lavorano i vari pezzi con un po’ di farina sul piano di lavoro (detto a tavula) solitamente di marmo; nascono così un gallo, un cavallo, un’aquila, un elefante e così via.

L'arte dei mastazzolari di Soriano Calabro (VV)
L’arte dei mastazzolari di Soriano Calabro (VV) – Fonte: turismosorianocalabro.org

Unico elemento decorativo dei Mostaccioli è la carta stagnola a piccoli pezzetti. Una volta completate le forme, si adagiano su delle teglie unte di olio (stiggjju).

I tempi di cottura variano a seconda dello spessore della forma, per quelle più grandi generalmente è di 20 minuti circa a 180° finché diventano dorate in superficie.

E’ importante la cottura a calore moderato per evitare spaccature o lesioni che renderebbero il prodotto antiestetico.

I Mostaccioli sono sicuramente belli da vedere; qualcuno preferisce non consumarli e tenerli come ricordo e per conservarli si usa laccarli con vernice trasparente.

A Soriano opera dal 1865 la storica Antica Casa del Torrone e dei Mostaccioli De Nardo.

Mostaccioli di Soriano (VV) forme
I Mostaccioli di Soriano di De Nardo: il paniere con il riccio, il pesce e la pergamena

A portarla avanti oggi i due fratelli Gianluca e Valentino; cinque generazioni di mastazzolari, sempre presenti alle più importanti feste e fiere calabresi e di altre regioni d’Italia.

Mostaccioli De Nardo di Soriano Calabro (VV)
I Mostaccioli al miele De Nardo di Soriano Calabro (VV)

I loro Mostaccioli hanno ottenuto molti riconoscimenti nel corso degli anni per la bellezza delle loro fatture, sempre più elaborate e fantasiose, e per la qualità delle materie prime.

Un’attività di successo che oltre ai famosi Mostaccioli produce altri dolci tra cui i buonissimi marzaletto o i cantucci, gli ‘antichi sapori’ fatti con miele d’arancio, farina, noci e fichi, o i torroni.

Marzaletto al miele De Nardo Soriano Calabro (VV)
Marzaletto al miele De Nardo di Soriano Calabro (VV)

I Mostaccioli De Nardo sono fatti solo con farina di tipo ‘0’ e miele; apparentemente duri, sono invece abbastanza morbidi, gustosi nella loro semplicità, e non sono molto calorici, solo 187 Kcal per 100 gr.

Cantucci alle mandorle De Nardo Soriano Calabro (VV)
Cantucci alle mandorle De Nardo di Soriano Calabro (VV)
Contatti e riferimenti

Antica Casa del Torrone e dei Mostaccioli De Nardo

Via della Resistenza – 89831 Soriano Calabro (VV)

Tel. 380.3469378 – 389.6411121

Email: gianlucadenardo@libero.it

Instagram: www.instagram.com/dolciaria_de_nardo

 

Bibliografia

Battaglia, I Mostaccioli di Soriano Calabro: storia, miti e leggende, HUMANITIES – Anno IV, Numero 8, Dicembre 2015, pagg. 95-120

 

[1] Probabilmente perché in occasione della festa della Madonna dei Poveri che si tiene ogni anno a Seminara (RC) tra il 14 e il 15 agosto, se ne vendono moltissimi ma è risaputo che la patria di questo prodotto è Soriano Calabro (VV).
[2] Domenico Zappone, Calabria nostra, Edizioni Bietti, Milano, 1969, p. 162
[3]Dolce introdotto dagli arabi e che si fa di fior di farina impastata con miele o con vino cotto, condito di varie spezie e cotto in forno. Il popolo usa questo specie berlingozzo, più che altre occasioni nei maritaggi’ (Luigi Accattatis, Vocabolario del dialetto calabrese, 1977). Giovan Battista Marzano nel Dizionario etimologico del 1928 li presenta così: ‘I mostaccioli sono dolci caserecci fatti con farina, miele, mosto cotto, conditi di droghe, in forma romboidali a pupattoli, panieri e simili; il nome deriva dal latino mustaceus ovvero mustaceum, da mustacea, antica focaccia per nozze preparata mescolando farina, mosto cotto, un condimento grasso, cacio, anice, cotta sopra foglia di lauro’ ed infine Gerhard Rohlfs, studioso tedesco, nel Dizionario dialettale delle tre Calabrie del 1934 li cataloga come ‘specie di dolci di farina impastata con miele e mosto cotto’.
[4] Da sempre la stagnola utilizzata dai maestri mastazzolari è di tre colori: rossa, verde e argento.
[5] Teocrito, Idilli e epigrammi, a cura di B. M. Palumbo Stracca, Rizzoli, Milano, 2013, XV, 115-120, p. 265 (Siracusane o Le donne alla festa di Adone).
[6] Francesco Faeta, Le figure inquiete. Tre saggi sull’immaginario folklorico, cit., pp. 128-129
[7] Il 16 agosto durante la festa di San Rocco i fedeli devoti depongono ai piedi del santo varie forme di mostacciolo a seconda dell’infermità che ha colpito una parte del corpo. Queste figure vengono sacralizzate tramite strofinamento sul simulacro o col contatto di immagini devote. La curiosità che accompagna questo gesto devozionale è data dalla messa all’incanto degli ex-voto che non sono solo mostaccioli. L’incanto con prodotti di vario genere oltre ai mostaccioli, che avviene il lunedì dopo la festa solenne della seconda domenica di agosto, viene detto dai gerocarnesi, Santu Rocchieju. Infatti, dopo la messa del mattino i pani, i dolci e tutte le altre cose regalate al santo, dopo la sacralizzazione e l’esposizione, sono posti all’asta da parte del comitato festa. Solitamente dolci, cibi e vari oggetti sono acquistati dagli stessi donatori, divisi tra commensali, parenti e amici e consumati per lo più nella stessa giornata per devozione, per protezione dal male, segno di ringraziamento per un miracolo o favore ottenuto. Lo stesso accade presso altri santuari e altre chiese della Calabria dove si celebrano feste e rituali mariani o di santi patroni (F. Faeta, Le figure inquiete. Tre saggi sull’immaginario folklorico, cit., p. 153).
[8] Con la scritta “Amore” oppure “Ti Amo”.
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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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