A Saracena e sul Pollino antiche tradizioni legate al vino: Perciavutt’, l’assaggio del novello tra ritualità e convivialità
C’è una festa popolare che anima la vita dei borghi del nostro maestoso Pollino nel periodo prenatalizio: si chiama Perciavutt’ (Perciavutti o Perciavutta) e a Saracena (Cs) è un evento promosso, ormai da ben diciotto anni, dalla Pro Loco Sarucha. (Vedi anche Moscato al governo di Saracena, il passito dei Papi)
Perciavutt’ è una ricorrenza diffusa in diversi comuni del territorio, una tradizione che vuole la perciatura (da perciare = bucare, forare) delle botti e la spillatura del vino nuovo;
al contrario del novembrino San Martino dove ogni mosto diventa vino, qui la raccolta tardiva delle uve fa sì che il novello si assaggi a dicembre, in concomitanza del giorno dell’Immacolata.
Un modo ed un’occasione per riunire la comunità: Perciavutt’ si fa tramite della convivialità attraverso il vino, simbolo identitario e di condivisione; il tutto è poi condito da musica, balli e specialità della gastronomia locale, assieme ad una gara che vede protagonisti i produttori e i loro vini rigorosamente artigianali ed una giuria di sommelier esperti che li valutano decretando il vincitore.
Simboli del Perciavutt’ a Saracena erano u spirulicchij, lo strumento con cui si perceva la botte e u saggiavin’ per far defluire il vino;
il foro praticato dopo la perciatura veniva chiuso con un tappo, preferibilmente in legno di ulivo perché era il più resistente ed evitava possibili perdite, chiamato a vrocc’.
Perciavutt’ ha sicuramente radici lontane; il rituale dell’assaggio del vino nuovo attraverso l’apertura degli orci era una pratica diffusa presso gli antichi Greci che celebravano Dioniso e il suo mondo, come dimostrano le Antesterie (᾿Ανϑεστήρια) ovvero antiche feste in onore di Dioniso celebrate ad Atene nei giorni 11, 12, 13 del mese di antesterione[1]. (Vedi anche Il culto del dio del vino)
Come scrive Padre Michelangelo Carmeli alla fine del ‘700, il rito che noi chiamiamo Perciavutt’ era detto Pitoigia:
“[…] Trovo, che presso agli Ateniesi si svolgeva una festa antica a Bacco chiamata Antestiria. Ce lo attesta oltre Esichio, l’autore dell’Etimologico, dal quale non solo; ma dal nome medesimo si conosce, perché così fosse chiamata.
Solevano in questa festa portare de’ fiori, e coronarsi con essi la fronte, od in altra guisa adoperarli, ond’era detta Antistiria durava questa tre giorni, ed il primo era il più solenne e festivo di cui è nostro proposito il far qui parola.
La festa di questo primo giorno era chiamata da’ Greci pitigia o pitegia, facendo manifesto il nome la maniera di celebrarla.
Questa greca parola significa aprimento della botte; imperciocchè in questo giorno aprivasi la botte del miglior vino novello, e faceva grande allegrezza”.[2]
Proprio il primo giorno, l’11, detto Pitoigìa (Πιϑοιγία), si aprivano i grandi vasi nei quali si conservava il vino (pìthoi);
poi il 12, detto Choes (Χόες) ovvero “boccali”, si svolgeva una gara nella quale ognuno cercava di bere più che poteva;
nonostante il clima festoso, questo giorno era considerato nefasto e l’unico tempio aperto era il Limnàion di Dioniso.
Nello stesso giorno si trasportava poi l’immagine di Dioniso in processione assieme alla βασίλισσα (regina), moglie dell’arconte re.
Il 13 era infine la festa dei Cytroi (Χύτροι), cioè delle “marmitte”, che contenevano offerte a Ermete ctonio (sotterraneo) e psicopompo[3].
Perciavutt’ ricalca in qualche modo una ritualità pagana presente anche presso i Romani che dal 24 novembre al 24 dicembre festeggiavano i Brumalia[4], durante i quali si compivano riti e sacrifici in onore di Bacco e Cerere (oltre che di Saturno), per auspicare un buon risveglio della natura dopo l’inverno freddo e infecondo.
Si consumavano pane e vino, prodotti legati alla terra e alle divinità che nel corso dei secoli, poi, sono diventati i simboli dell’eucarestia cristiana: i Brumalia terminavano il 25 di dicembre in cui si omaggiava il Sol Invictus;
questi erano dunque considerati giorni “preparatori”, come quelli che precedono per noi la nascita di Gesù, in una sorta di calendario dell’avvento.
Perciavutt’ è oggi momento di festa ed aggregazione che anticipa Natale, ma con tutta probabilità questa antichissima usanza nelle sue varianti è passata dall’essere una celebrazione pagana in onore di Dioniso e di buon auspicio per la rinascita di una natura feconda, al “rendere grazie” (εὐχαρίστω, eucharisto) al Dio cristiano nato alla fine dell’anno solare con l’inizio di quello liturgico.
Bibliografia e sitografia
Padre Michelangelo Carmeli, Storia di vari costumi sacri e profani: Dagli antichi fino a noi pervenuti divisa in due tomi, del padre Carmeli. Si aggiungono in fine due dissertazioni appartenenti alla venuta del Messia, Tomo primo, in Padova, 1750
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Bellissimo articolo
Grazie <3