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Zafferano del Re: due sorelle cosentine per “l’oro rosso” di Calabria

Zafferano del Re vasetto di pistilli

Le origini e la rinascita in terra cosentina dei fiori di croco: l’Azienda agricola Linardi e il loro Zafferano del Re

Che lo zafferano sia sempre stata una spezia preziosissima è risaputo, ma che in Calabria la sua produzione fosse presente già in tempi antichissimi in pochi lo sanno.

Si fa risalire la sua coltivazione già in epoca greco-romana, e in alcuni testi storici dell’’800 viene evidenziata la vocazione a questo tipo di coltivazione a Cosenza e nella sua provincia[1].

Fiori di croco
Fiori di croco

La storia di una spezia e la leggenda di un amore

Lo zafferano (Crocus Sativus Linneo) è una pianta probabilmente originaria dell’Asia Minore, ma era nota anche in India ed in Cina.

Si pensa che le popolazioni del Mediterraneo Orientale coltivassero già i fiori di croco nel 2300 a.C. per via del cenno fatto dal re accadico Sargon alla sua città di origine, ossia Azupiranu che i testi di storia antica citano come Città dello Zafferano.

Il più antico documento che ne attesta conoscenza ed uso è un papiro egiziano del XVI secolo a.C.[2].

Esso appare anche in alcune antichissime rappresentazioni pittoriche: in una ritrovata a Cnosso, sull’isola di Creta e databile al 1600 a.C circa, un piccolo primate blu passeggia in mezzo a fiori di zafferano.

In un’altra proveniente da Akrotiri, nell’isola di Santorini, sono raffigurate “le raccoglitrici di zafferano”, due figure femminili che sono intente nella raccolta dei suoi fiori.

Le raccoglitrici di zafferano, pittura da Akrotiri nell’isola di Santorini (Fonte: www.agritaly.eu)

Si narra che Cleopatra lo utilizzasse per profumare e dare alla pelle un caratteristico colore dorato ed era, inoltre, utilizzato durante il processo di mummificazione.

La regina degli assiri, Semiramide, pare che lo facesse coltivare nei celebri giardini pensili di Babilonia che Nabucodonosor le aveva donato.

Omero cita il croco, il fiore dello zafferano, nell’Iliade[3], così come Eschilo, nell’Agamennone, allude al fatto che le vesti di Ifigenìa, figlia di Agamennone, fossero colorate con questa spezia[4].

Ne parlano anche Virgilio[5], Plinio[6], Ippocrate, e viene menzionato nel Cantico dei Cantici[7] del Vecchio Testamento.

Raccoglitore di zafferano, pittura da Cnosso nell’isola di Creta (Fonte: www.sativus.com)

Se da una parte è difficile individuare dove la coltivazione dello zafferano ebbe origine, dall’altra lo è anche risalire al suo nome originario.

Esiste la parola persiana zarparān (che significa “che ha stigmi d’oro”), da cui si crede derivi la parola araba za’farān o sahafaran, diretta derivazione dell’aggettivo asfar, che significa “giallo” mentre in latino fu safranum.

Spezia preziosa riservata a re e regine, lo zafferano nasce dal bellissimo fiore del croco (dal greco krokè, cioè “filamento” per via dei suoi lunghi stimmi centrali di un bellissimo giallo-arancio).

Attorno ad esso aleggia la leggenda di due innamorati: Ovidio, poeta romano del 45 a.C., narra del grande amore tra una ninfa, Smilace e un giovane guerriero, Krokus. Questo idillio contrastato dagli déi, portò Krokus a suicidarsi facendo impazzire Smilace.

Gli déi, pentiti per ciò che avevano fatto, concessero ai due di rivivere in due piante: la ninfa divenne la smilax aspera dai rami spinosi e dalle foglie a forma di cuore, mentre il guerriero il crocus sativus, il fiore dai stupendi petali lilla e dai preziosissimi stimmi.

Il croco, nella sua simbologia, ha una doppia valenza di amore e morte: rappresenta in primis il legame amoroso, tanto che veniva messo sulle tombe degli amanti morti per amore.

Nei riti eleusini i sacerdoti incaricati di avvolgere i misti con le sacre bende erano chiamati Krokonidai[8] e preparavano una tintura detta crocina.

Presso i Greci era un fiore amato sia dalla dea Artemide che dalla dea Demetra, considerandolo infero poiché nato accanto all’asfodelo nel giardino di Ecate.

Imeneo, protettore del matrimonio, è avvolto in un manto color giallo zafferano e le corolle del croco venivano messe in segno di buon augurio sul letto nuziale. Infine, era detto anche “fiore della notte” e serviva per preparare il crocino, un potente filtro d’amore.

Le sorelle Linardi e il loro Zafferano del Re

Siamo donne, siamo sorelle, siamo calabresi. Abbiamo una grande passione: fare agricoltura nella nostra terra, preservando la natura e la biodiversità dei nostri territori.

Produciamo zafferano con metodi naturali e siamo delle vere e proprie artigiane poiché il nostro prodotto è frutto di un processo di lavoro interamente svolto a mano“.

Pistilli di zafferano
Pistilli di zafferano, l’oro rosso

E’ così che Maria Concetta e Benedetta Linardi presentano la loro giovane azienda e la scelta di produrre zafferano.

Dopo accurati studi e analisi, questa spezia torna così a rinascere in un luogo storicamente vocato alla sua coltivazione, dopo che nel corso del tempo se ne erano perse quasi totalmente le maestranze[9].

I terreni di proprietà della loro famiglia e destinati ai fiori di croco sono tutti localizzati a Castiglione Cosentino (CS), ad un’altitudine di 400 metri sul s.l.m.

Anche il laboratorio in cui essiccano e confezionano lo zafferano si trova nel pieno centro storico di questo comune: infatti loro desiderio è anche quello di dare nuova vita ai piccoli borghi del territorio attraverso l’imprenditoria.

Fiori di croco essiccati

Un’altra bella storia di donne made in sud quella dell’Azienda agricola Linardi, che parte proprio dall’amore per la propria terra e dalla volontà di valorizzarla.

Il marchio “Zafferano del Re” è sinonimo di qualità: avendo un forte legame con la storia della città di Cosenza, richiama simbolicamente il Re Alarico con il suo tesoro, rappresentato proprio dal loro “oro rosso”.

Zafferano del Re vasetto di pistilli
Lo Zafferano del Re dell’Azienda agricola Linardi

Produrre zafferano però richiede tempo, pazienza e dedizione: la fragilità del fiore e dei pistilli in esso contenuti, rendono assolutamente impossibile meccanizzare le fasi di lavoro.

Per tale motivo la loro attività è interamente artigianale e, soprattutto, sostenibile, non avendo impatti negativi sull’ambiente.

Un’ idea di agricoltura semplice e pulita che concorrerà alla certificazione biologica e non solo.

Un altro elemento di vanto dell’azienda sarà infatti una convenzione con il dipartimento di Farmacia dell’Università della Calabria, assieme al quale vogliono essere avviati dei progetti di ricerca sull’utilizzo dello zafferano nel campo scientifico.

 

Azienda Agricola Linardi  

Via E. Calcagni, 10 – 87040 Castiglione Cosentino (CS)

www.zafferanodelre.it

info@zafferanodelre.it

340 9437867 – 340 5281126

 

 

Bibliografia e sitografia

Krokon e il γένος ἱερὸν dei Krokonidai, Lorenzo Fabbri, pagg. 402-403

www.cavernacosmica.com

 

[1] Nel libro di Giuseppe Galanti Descrizione Storica e geografica del Regno delle Due Sicilie (Tomo Terzo – Capitolo II Paragrafo 7 – “Zafferano”, del 1789) si legge che “…la Calabria e più l’Abbruzzo coltivavano un tempo molto zafferano. Oggi se ne coltiva pochissimo nel territorio di Cosenza e sembra essere ristretto al territorio Aquilano…”. Una conferma arriva poi da un testo successivo del 1844 di Luigi Zucoli, Nuovissima Guida dei viaggiatori in Italia e nelle principali parti d’Europa, che cita tra le produzioni agricole di Cosenza proprio quella dello zafferano.
[2] Nel Papiro Ebers, databile al tempo del regno di Amenofi I (1550 a.C.) e contenente prescrizioni mediche e magiche, vengono enunciate le qualità della spezia.
[3]  […] “spandeasi aurora, peplo di croco, su tutta la terra…” (Canto VIII, 1); […] “di sotto germogliò novelle erbette e il rugiadoso loto e il fior di croco…” (Canto XIV, 409)
[4] […]“sciolse le vesti, e ai suoi piedi tinse la terra di croco”. (Eschilo, Agamennone, Str. VI)
[5] […] “(le api) prendono il cibo in ogni luogo, sui corbezzoli e i salici grigi, la cassia, il croco rossastro, il tiglio unto e i giacinti scuri”. (Virgilio, Georgiche, IV, 181-183)
[6] Nella sua Naturalis Historia Plinio prende in esame la qualità dello zafferano prodotto nelle varie coltivazioni del suo tempo, affermando che il migliore è quello della Cilicia e successivamente descrive con grandi dettagli le sue proprietà medicinali.
[7] […] “I tuoi germogli sono un giardino di melagrane, con i frutti più squisiti, alberi di cipro, nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo con ogni specie d’alberi da incenso; mirra e aloe con tutti i migliori aromi”. (Ct 4, 12-15)
[8] La pratica del κροκοῦν prevedeva che gli iniziati si fasciassero la mano destra e il piede sinistro con bende (κρόκαι), forse di lana.  Ileana Chirassi ha ipotizzato un legame tra la pianta del croco e Krokon (iniziatore del culto); quest’ultimo sarebbe da considerarsi come “essere dema” del fiore. Ne consegue che, secondo la studiosa, i Krokonidai sarebbero stati un’antica stirpe di primitivi coltivatori di croco, inglobati successivamente nel culto eleusino, forse con il compito di preparare tutti quei prodotti ricavati dalla pianta utili alle pratiche rituali. L’associazione del croco con l’atto del κροκοῦν può essere stata favorita da una postilla che Fozio aggiunse al lemma omonimo: questi infatti testimonia che taluni collegavano il κροκοῦν con pratiche purificatorie attuate tramite l’utilizzo della pianta; forse per questo motivo alcuni studiosi hanno ipotizzato che i filamenti degli iniziati sarebbero stati di color zafferano.
[9] Anche in Sila è possibile imbattersi in una specie di zafferano selvatico che prova ulteriormente la naturale vocazione alla coltivazione dello zafferano.
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1 commento

  1. Articolo molto interessante, ci sono realtà del territorio davvero affascinanti e poco conosciute!

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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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