Un altro antico dolce della tradizione pasquale calabrese: il buccellato
La Pasqua in Calabria vede protagoniste molte ricette sia dolci che salate; regina incontrastata di questo periodo dell’anno è sicuramente la cuzzupa (LEGGI IL POST).
Tra le tante prelibatezze della tavola però ce n’è una non molto diffusa, conosciuta localmente con nomi un po’ diversi tra loro ma che hanno la stessa origine e lo stesso significato: parliamo del buccellato.
Il buccellato fa parte di un’antica tradizione che sopravvive in Calabria: si tratta di un pane rituale a forma di ciambella ripieno di frutta secca e aromatizzato con anice, cannella e chiodi di garofano.
Il buccellato è presente in altre parti d’Italia: lo troviamo in Sicilia, in Toscana, in Friuli (perseghin) in Emilia (bussiarei) e in Veneto (bussolani), ognuna con le sue varianti.
A Mandatoriccio (Cs) lo chiamano mucciallato, cullura a Campana (Cs), picellato a Scala Coeli (Cs), vurceddato a Petilia Policastro (Kr) e gucceddrato a Rocca di Neto (Kr). Sono tutte località della fascia ionica.
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Il nome buccellato deriva dal tardo latino buccellatum: sta ad indicare un pane biscottato che prima di essere infornato era tagliato in piccole porzioni tali da poterlo spezzare facilmente e mangiarlo ‘a bocconi’ (buccellae).
Il panis buccellatus fu anche il pane dei naviganti e dei legionari (panis nauticus e panis castrensis) fatto con semola o farina e acqua.
Era una galletta che si conservava a lungo ed era facilmente trasportabile; la forma ad anello che gli venne data gli permise di poter essere impilato sui bastoni.
Bucellarii furono poi i soldati d’élite delle truppe dell’Impero Romano d’Oriente, letteralmente ‘i mangiapane’ proprio per via del pane che gli veniva dato come razione[1].
Il termine buccellarii venne usato anche dai Visigoti per identificare i parassiti e coloro i quali vivevano a spese di principi e potenti[2].
Un altro termine che potrebbe ricordare nell’etimologia e nella forma il buccellato è la bùccina.
Si trattava di uno strumento a fiato costituito da un lungo tubo ricurvo di bronzo, col quale negli accampamenti romani venivano dati i segnali per le operazioni consuete e straordinarie della vita militare[3].
Il buccellato è stato arricchito nel tempo con frutta fresca o secca come fichi, mandorle e miele.
Alcuni ritengono che la ricetta sia da far risalire al periodo arabo-normanno per via di questo ripieno goloso, altri invece al tardo Medioevo.
Il buccellato siciliano (cucciddatu) è un dolce tipico natalizio della provincia di Palermo.
Si tratta di un misto di fichi secchi, uva passa, mandorle, noci e scorze d’arancia avvolti in una pasta frolla profumata a forma di ciambella.
A seconda della zona di possono trovare all’interno anche mandorle o pezzetti di cioccolato; all’esterno il buccellato è decorato con canditi o granella di pistacchio.
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Nel piccolo centro di Collesano poi, il cucciddatu assume la forma di un biscotto[4] farcito con fichi, uva passa, mandorle, noci, zuccata (zucca candita che si usa anche per la cassata) miele, cioccolato fondente e canditi.
Questa versione è ricoperta da una glassa di zucchero decorata con cioccolato e scaglie di pistacchio. Il buccellato siciliano è stato inserito nei PAT regionali.
In provincia di Caltanissetta, a Sutera, lu virciddratu è un buccellato particolare che per ingredienti e preparazione è entrato a far parte dell’Arca del Gusto della Fondazione Slow Food per la Biodiversità.
L’impasto del virciddratu di Sutera è fatto con la farina di maiorca, un grano antico, zucchero, strutto e acqua; la farcia è invece fatta con frutta secca, miele di piante selvatiche locali e cannella.
La caratteristica di questo buccellato è la forma: dalla sfoglia di pasta stesa si ricavano delle strisce dentro cui viene posto il ripieno; chiuse su sé stesse vengono poi modellate in piccole ciambelle e cotte.
Il buccellato di Lucca è l’antico dolce simbolo della città, di cui si hanno notizie certe in un documento del 1485. A quel tempo il buccellatus era un pane dolce offerto dai vassalli ai loro feudatari.
Dagli scritti dell’epoca sappiamo che nel 1578 il buccellato lucchese venne addirittura tassato con un’imposta di fabbricazione per risanare l’erario[5].
Anche quest’ultimo è una ciambella morbida dal cuore di uvetta ed insaporita con l’anice; ha un bel colore bruno perché viene spennellata con uovo e zucchero prima della cottura. Si prepara tutto l’anno.
Tornando al buccellato calabrese le ricette e gli ingredienti possono variare a seconda della zona, ma ovunque si prepara solitamente sempre in occasione della Settimana Santa.
Nella tradizionale ricetta mandatoriccese del mucciallato ci sono farina, lievito madre, acqua, olio evo (o strutto), anice (ànanzu) sale, cannella, chiodi di garofano e uva passa[6].
Si dispone la farina aggiungendo il lievito, si aggiungono l’olio riscaldato (o lo strutto), la cannella, i chiodi di garofano e l’anice; si impasta fino ad ottenere un composto sodo.
L’impasto è poi steso su una spianatoia per ottenere una sfoglia; ci si mette sopra l’uva passa ammollata e passata nel mosto cotto. La sfoglia viene poi arrotolata su sé stessa e chiusa a ciambella.
Dopo aver fatto lievitare il mucciallato dalle 4 alle 7 ore, si inforna e si gusta.
Vi lascio qui un’altra versione ‘più moderna’ con le dosi esatte se avete voglia di cimentarvi nella sua preparazione.
Buona Pasqua!
‘U Mucciallato
Ingredienti:
- 1 kg di farina 00;
- ½ kg di farina di semola di grano duro;
- 70 gr. di lievito di birra;
- 2 bicchieri di acqua;
- 1 bicchiere di olio evo;
- Una manciata di sale;
- Cannella e chiodi di garofano in polvere;
- Noci;
- Uva passa ammollata;
- Mosto cotto o marmellata (a piacere)
Procedimento:
Mescolare le due farine, aggiungere l’acqua, il lievito, l’olio, il sale, la cannella e i chiodi di garofano; impastare fino a che non si ottiene un composto sodo.
Stendere la pasta e creare una sfoglia non troppo sottile, mettere sopra tutta la superficie l’uva passa, le noci (se volete maggiore morbidezza utilizzare un po’ di marmellata o mosto cotto).
Arrotolare la sfoglia su se stessa e creare la ciambella. Infornare a 180° per 30-40 minuti circa.
Bibliografia e sitografia
storieromane.altervista.org
Franco Emilio Carlino, Mandatoriccio. Storia, costumi e tradizioni, Ferrari Editori 2010
Saverio Manetti, Fra carestie e alimentazione. Delle specie diverse di frumento e di pane siccome della panizzazione, Firenze, nella stamperia Moücke, si vende da Giovacchino Pagani, 1765