Come nasce la struncatura calabrese, la pasta tipica della Piana di Gioia Tauro (RC) che con la sua storia fatta di scarti e contrabbando ha conquistato anche gli chef stellati, e l’artigianalità del Pastificio Gioia
La pasta è un orgoglio nazionale: nel mondo non c’è nessuno che la sappia cucinare meglio di noi e più che cibo è una tradizione, un patrimonio culturale che difendiamo strenuamente.
Abbiamo inventato decine di tipi di pasta e ogni regione ha un suo ‘formato speciale’ che ne caratterizza ed identifica il territorio.
La pasta è un’opera d’arte che soddisfa l’occhio e il palato e non dimentichiamo che è anche l’alimento-base della dieta mediterranea.
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Dunque, ogni zona d’Italia vanta un proprio primo piatto tipico; in Calabria la pasta più diffusa sono sicuramente i maccheroni, rigorosamente fatti a mano.
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Vengono chiamati in modi diversi da maccarruni i casa a scilatilli, scialatielli, firrazzul o maccarruni a firrettu fino a fileja, fhilateri o strangugliapriaviti.
C’è un’altra tipologia di pasta calabrese molto interessante e che fa parte della cultura gastronomica di questa regione: si chiama struncatura,
La sua storia è tradizionalmente legata alla Campania: sarebbe nata nella Piana di Gioia Tauro (RC), tutt’ora luogo di produzione della struncatura, grazie ai commercianti provenienti dalla Costiera Amalfitana.
In quella zona però la la struncatura non si mangia: questa pasta calabrese, a quanto pare, esisteva già localmente ed era nota sin dalla fine del Settecento a Gioia, come attestano alcuni documenti storici, ed era prodotta con gli scarti delle crusche dei mulini.
Dalla prima metà dell’Ottocento il porto di Gioia Tauro rappresentò un grande sbocco per gli amalfitani; proprio qui diedero vita alle loro attività e, come racconta lo storico gioiese Vittorio Savoia[1], furono dei veri ‘pionieri’ del territorio.
Grazie ai loro traffici resero in brevissimo tempo questo centro della costa tirrenica reggina non solo il maggiore emporio dell’olio della provincia ma anche di generi alimentari, soprattutto di pasta.
Dall’Annuario Generale Commerciale della Sicilia e delle Calabrie del 1925 risultano presenti molti venditori e la maggior parte di questi pastifici utilizzava le ‘scopature’ di magazzino.
Durante le operazioni di molitura del grano, i residui misti di farina e crusca erano raccolti da terra; da questi creavano una pasta scura da essiccare chiamata ‘struncatura’ e messa in vendita a prezzi molto bassi.
Visti questi ingredienti, la struncatura aveva spesso un sapore fortemente acido ed era data in pasto a maiali e galline.
Ma ne facevano anche largo uso le famiglie povere di Gioia Tauro e dei paesi vicini che non potendo permettersi una pasta di qualità, per mascherarne il cattivo sapore, usavano condirla con salse molto piccanti o con acciughe salate ed aglio.
Per ovvi motivi igienici, la struncatura venne proibita nel consumo alimentare.
Nonostante ciò, per diverso tempo, continuò lo stesso ad essere una ‘pasta segreta’ venduta sfusa sottobanco in alcune botteghe come se fosse merce di contrabbando.
Oggi la struncatura o stroncatura (italianizzata) è la pasta presente sulle tavole di molti calabresi ma in una versione ‘pregiata’ e, ovviamente, conforme alle normative igienico-sanitarie in materia di alimenti.
La struncatura ricorda le linguine ma più lunghe, più larghe e più spesse; sono scure perché vengono utilizzate soprattutto farine di semola integrale e di grano duro.
Da ‘pasta degli scarti’ la struncatura è diventata un prodotto ricercato; la sua storia affascinante, la sua capacità di esaltare i sapori e trattenere bene i condimenti ha incuriosito tanti chef, anche stellati, che la propongono spesso nei loro menù.
La struncatura è infatti una pasta ruvida e porosa e con molta probabilità queste sue caratteristiche ne hanno identificato il nome.
Struncatura potrebbe infatti derivare da un attrezzo utilizzato per tagliare gli alberi chiamato in dialetto ‘u struncaturu’.
Durante il taglio, la lama di questo utensile rilasciava residui di legno che le persone associavano alla rusticità della farina con cui veniva fatta questa pasta un po’ grezza.
Un’altra interpretazione suggerisce che il termine struncatura possa derivare dal verbo struncare ovvero ‘spezzare’.
Le lunghe strisce di pasta, dopo essere state trafilate, venivano stese ad essiccare generalmente nelle cantine, su stecche di ferro.
Ad essiccazione terminata, la struncatura era rotta dalla parte che si piegava sulla stecca, lasciando una leggera arricciatura su di una estremità.
Tra i produttori di struncatura della Piana c’è il Pastificio Gioia che per ottenerla utilizza un trittico di farine selezionate italiane: semola di grano duro integrale, semola classica e segale.
Quest’ultima, chiamata in Calabria grano iermano[2], regala alla pasta una bella acidità, quel colore bruno e il suo gusto inconfondibile.
Il Pastificio Gioia nasce con i quattro fratelli Angilletta che hanno dato vita ad una bella realtà aziendale sul lungomare di Gioia Tauro, affacciato sulla splendida Costa Viola, dove hanno aperto anche un ristorante omonimo.
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Partendo da materie prime di qualità e amore per la tradizione, si sono specializzati nella produzione di pasta secca di cui curano tutti dettagli, dall’acqua al packaging, supportati dall’uso delle nuove tecnologie.
Tra le proposte del Pastificio Gioia c’è la struncatura ai grani antichi aspromontani, biologici e macinati a pietra, che viene essiccata lentamente a bassa temperatura e trafilata al bronzo.
Oltre a fileja, calamarata, conchiglioni e bavettoni ci sono le linguine e i paccheri al bergamotto, altra specialità nata nel laboratorio del Pastificio Gioia dal gusto intenso ma delicato, da provare assolutamente.
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La maggior parte dei prodotti migliori della Calabria sono di umili origini, accomunati da un forte senso identitario e dalla territorialità che rappresentano.
Come sempre accade sono proprio queste origini povere che li rendono richiestissimi, in quel ritorno al passato che suggerisce uno stile di vita diverso, quel famoso ‘si stava meglio quando si stava peggio’.
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Ed ecco che visitare queste zone diventa un’ottima scusa per andare a mangiare la struncatura, nonostante ormai la si trovi in diverse altre parti della regione.
Il modo migliore per assaporare la struncatura della Piana è ‘ammuddicata’ (ammollicata) ed ecco qui la ricetta.
Struncatura ammuddicata
Ingredienti (per 4 persone):
- 500 gr. di struncatura del Pastificio Gioia;
- 1 spicchio d’aglio;
- 120 gr. di alici sott’olio o al naturale;
- 1 peperoncino;
- 3 cucchiai di pan grattato (la muddica di pane);
- 10 olive verdi denocciolate circa;
- Olio evo abbondante;
- Prezzemolo;
- Sale e pepe.
Preparazione
Soffriggere l’aglio in padella con abbondante olio extravergine di oliva. Togliere per un attimo la padella dal fuoco e aggiungere le alici sciogliendole delicatamente nell’olio, servendosi di un cucchiaio di legno.
Riadagiare la padella sul fuoco e aggiungere peperoncino tagliato grosso, il prezzemolo tritato e le olive a pezzetti.
Cuocere la pasta per una decina di minuti e nel frattempo, in un’altra padella, mettere a tostare il pan grattato con un filo d’olio evo.
Scolare la pasta e saltarla in padella con il fondo di olio, aglio peperoncino, alici e olive. Infine insaporire con il pan grattato tostato. Impiattare e guarnire con una fogliolina di prezzemolo e un pezzetto di peperoncino
La struncatura della Piana di Gioia Tauro è stata inserita nell’Arca del Gusto della Fondazione Slow Food per la Biodiversità.
E’ stata scelta inoltre per rappresentare la Calabria al padiglione Rai per l’Expo di Milano nel 2015 e fa parte dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) regionali.
PASTIFICIO GIOIA di Angilletta Carlo & Co. snc
Via Lungomare snc, 89013 Gioia Tauro (Rc)
Email: info@pastificiogioia.it
Tel. (0039) 348 3554769
Sito web: www.pastificiogioia.it
Bibliografia e sitografia