Come nascono quei nettari ambrati, profumatissimi e dolci: i vini passiti
Hanno colori caldi, dorati o ambrati, profumi avvolgenti e gusto appagante: sono i passiti chiamati vini da dessert o da fine pasto, e molto spesso, ‘da meditazione’. Ma vediamo assieme come si producono.
I grappoli d’uva vengono raccolti quando sono maturi, carichi di profumi, colore e zuccheri.
Per produrre i vini passiti ci sono tecniche diverse; tra queste si usa lasciare sovramaturare le uve sulla pianta o far sviluppare la famosa Botrytis cinerea.
La sovramaturazione delle uve fa sì che si concentrino maggiormente le sostanze estrattive e che l’acqua in esse contenuta evapori un po’ mantenendo più zuccheri, la caratteristica primaria dei vini passiti.
→LEGGI IL POST SULLA BOTRYTIS CINEREA
I passiti nascono anche da une vendemmiate e messe ad appassire al sole o su graticci per mesi, mentre altre volte dai grappoli avvizziti dal freddo, avvolti dal ghiaccio e vendemmiati a gennaio.
→LEGGI IL POST SUI VINI DI GHIACCIO
La vendemmia tardiva
Ci sono molte uve che si prestano ad essere lasciate sulla pianta a sovramaturare alcune settimane; questo accade avendo condizioni climatiche che lo consentono.
I vitigni aromatici e semiaromatici come riesling, gewürztraminer, sauvignon, moscati e malvasie sono generalmente i più adatti per produrre vini passiti per via del loro corredo di profumi.
→LEGGI IL POST SUI PROFUMI DEL VINO
Ma esistono anche molti passiti che nascono da uve a bacca nera, basti pensare all’Aleatico Passito dell’Elba (LEGGI IL POST) o alla Vernaccia Nera di Serrapetrona (LEGGI IL POST).
Gli acini delle uve a bacca bianca si tingono di sfumature dorate, si ammorbidiscono e diventano più dolci; diminuisce l’acqua ed aumenta lo zucchero, in maniera particolare il fruttosio.
Gli acidi invece tendono a diminuire; una volta pigiata l’uva il succo ottenuto sarà molto denso e la quantità di alcol e zuccheri dipenderà dalla decisione di completare o interrompere la fermentazione.
La vendemmia tardiva è utilizzata per creare non solo vini passiti ma anche vini rossi secchi di grande struttura e morbidezza come il nostro Amarone della Valpolicella (Veneto).
Esistono zone più vocate di altre alla vendemmia tardiva; in Europa ci sono Alsazia, Germania e Austria e in Italia ci sono ad esempio regioni come Trentino Altro Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia.
Proprio in quest’ultima si produce un passito molto particolare, il Picolit: le uve di picolit (vitigno autoctono) coltivate sulle colline friulane sono soggette alla cosiddetta acinellatura, con aborto floreale spontaneo.
L’acinellatura porta alla produzione di 5-6 acini per grappolo, solo su 4 grappoli per vite; da ciò una concentrazione naturale delle sostanze estrattive che caratterizzano questo vino dolce, pregiato e raffinatissimo.
L’appassimento
L’appassimento per produrre vini passiti può essere naturale o forzato.
L’appassimento naturale, molto più accentuato della vendemmia tardiva, vede i grappoli appassire direttamente in pianta ed in maniera completa.
L’acqua evapora quasi totalmente e aumentano le concentrazioni zuccherine nella polpa. Un esempio di passito ottenuto in questa maniera è l’Aleatico di Gradoli, vino dolce del Lazio.
L’appassimento forzato è il metodo maggiormente utilizzato per i vini passiti: si applica un sistema di ventilazione artificiale con aria riscaldata a circa 30° C e piuttosto secca, con umidità di 55-60% in modo da evitare marciumi indesiderati.
Così facendo il tempo di appassimento è di circa 10 giorni invece che di quasi 80 e la concentrazione delle sostanze viene tenuta sotto controllo.
Ci sono poi contesti in cui l’appassimento delle uve è fatto direttamente al sole, grazie al clima: accade per vini passiti rari come il Greco di Bianco prodotto in Calabria in cui il grado zuccherino può arrivare al 30-40%.
→LEGGI IL POST SUL GRECO DI BIANCO
Al nord le condizioni climatiche non garantiscono questa metodologia.
L’appassimento delle uve è fatto su graticci, in cassette aperte o appendendole a fili tirati come si fa con la vespaiola per il passito Torcolato di Breganze (Veneto).
I locali per l’appassimento devono essere sempre ben arieggiati e i grappoli tenuti sotto controllo per evitare lo sviluppo di muffe anomale.
La pigiatura e la fermentazione avvengono di solito tra dicembre e febbraio, ma in alcuni casi si attende la settimana santa per produrre il celebre Vin Santo toscano o il Vino Santo trentino da uve nosiola .
L’azione dei lieviti durante la fermentazione è rallentata dall’elevata concentrazione di zuccheri e dalle basse temperature di vinificazione, soprattutto se è in bianco.
La resa nella produzione di passiti è sempre bassa: da 100 kg di uve fresche si ottengono 25-30 litri di vino, e spesso anche meno.
Non solo coi dolci
I vini dolci accompagnano sempre i dolci, ma le caratteristiche organolettiche dei passiti li rendono un ottimo abbinamento soprattutto per formaggi erborinati o molto stagionati, serviti da soli o con miele e confetture.
I passiti vengono definiti anche ‘vini da meditazione’: sono quelli che stanno bene da soli, che non hanno bisogno di un cibo per essere esaltati.
Sono quei passiti che grazie alla loro complessità e alcolicità necessitano di lunghi tempi di degustazione e riflessione e che vanno perciò sorseggiati e assaporati con calma.
Bibliografia
Il mondo del sommelier, Associazione Italiana Sommelier, pagg. 159-163