Cosa rappresenta il terroir per un vino? Un concetto che si è ampliato nel tempo e che riguarda lo stretto rapporto tra l’uomo e l’ambiente
Parlare di un vino e del suo terroir oggi è cosa imprescindibile. Ma quanto ne sappiamo davvero di questo legame?
Innanzitutto, nel linguaggio enogastronomico il termine francese terroir (propriamente “terra” o “territorio”) indica il rapporto fra un prodotto e le caratteristiche del microclima e del suolo in cui è coltivato[1].
Etimologicamente non è molto chiaro; terroir sarebbe un’alterazione della parola territoire (dal latino gallo-romano territorium).
Per i francesi, grandi produttori di vino, dalla fine del XVII secolo terroir indicò la terra con le sue attitudini propriamente viticole oltre che agricole.
Ma il concetto riguardo la singola parola terroir si è molto ampliato nel tempo.
Secondo una definizione più moderna data dall’UNESCO[2] il terroir è “uno spazio geografico delimitato, definito da una comunità umana che nel corso della sua storia costruisce una serie di tratti culturali, conoscenze e pratiche distintivi basati su un sistema di interazioni tra l’ambiente naturale e fattori umani.
Le abilità messe in gioco rivelano un’originalità, conferiscono una tipicità e consentono il riconoscimento per i prodotti o servizi originari di questo spazio e quindi per gli uomini che vi abitano.
I terroir sono spazi viventi e innovativi che non possono essere equiparati alla sola tradizione“.
Con queste prerogative possiamo dire che il terroir nel mondo del vino ne mostra non solo il lato naturale e ambientale, ma anche e soprattutto culturale e umano.
C’è il terroir che è una porzione di terra, un’area geografica con le sue caratteristiche pedoclimatiche, geomorfologiche, idrologiche e microclimatiche: semplicemente lo spazio in cui l’uva cresce.
Ma c’è anche il terroir inteso come luogo di memorie, tradizioni, storie di uomini che si mescolano con il territorio regalando quelle unicità tanto decantate dagli intenditori.
Terroir è oggi particolarmente usato per “raccontare” al consumatore da dove viene un vino; i francesi hanno fatto del cru un cavallo di battaglia, elevando così tutte le loro espressioni enologiche.
Un buon vino è capace davvero di emozionare poiché frutto di realtà e suggestione: è un insieme di fattori diversi, peculiari di una zona anche piuttosto ristretta (in Francia lo è persino il singolo vigneto).
Il fascino del terroir può effettivamente influire sulla nostra percezione del vino nel calice proprio perché ha una potenza evocativa enorme nel mondo della degustazione.
Luoghi diversi producono vini diversi, pur nascendo dalle stesse uve; ma è anche la mano dell’uomo che “interpreta” i frutti della terra.
Il vino non si fa da solo e questo fa la differenza: sono in molti a sostenere che in presenza di vitigni e terroir eccezionali, il risultato non è necessariamente ottimale.
L’uomo ha il potere di esaltare o vanificare materie prime pregiate, dalla vigna alla cantina.
Per cui terroir non è sempre sinonimo di qualità del vino; quest’ultima rimane spesso una caratteristica legata al fattore umano, a scelte produttive precise e ricercate che restano gli elementi più importanti.
Anche la tradizione enologica conferisce personalità ad un vino: seguire gli insegnamenti dei vecchi viticoltori dà sicuramente maggior valore e pregio a questo lavoro secolare nell’immaginario collettivo.
Mantenere una stretta unione tra terroir e vino rappresenta anche un modo per guardare al futuro e alla sostenibilità delle nostre colture come sostiene Koïchiro Matsuraa, ex direttore generale dell’UNESCO:
“I terroir appaiono come spazi in cui il tipo di legame tra uomo e biosfera ha aperto vie alternative nello sviluppare società sostenibili.
Quindi sono un laboratorio cruciale per noi per comprendere la ricchezza e il potenziale racchiusi in questi territori, nonché l’interdipendenza tra diversità culturale e biologica”.
Sitografia
www.unesco.org