Quando gli zuccheri si trasformano e i vini diventano più morbidi: la fermentazione alcolica e la fermentazione malolattica
La fermentazione alcolica
La fermentazione è un processo chimico che avviene spesso in natura: molti microrganismi utilizzano il glucosio o altri substrati in assenza di ossigeno (condizioni anaerobiche) per la produzione di energia necessaria alle loro attività metaboliche[1].
Il vino è il risultato della fermentazione detta alcolica, chiamata così dal prodotto finale di tutte le reazioni. Dalla scomposizione del glucosio, infatti, questo tipo di fermentazione produce alcol etilico (etanolo) e anidride carbonica ed energia termica.
La fermentazione alcolica per produrre l’alcol è intrapresa da alcuni microrganismi che fanno parte del gruppo dei lieviti, i saccaromiceti (Saccharomyces ellipsoideus).
I lieviti sono sempre presenti sulla buccia degli acini d’uva (LEGGI IL POST SULL’UVA) e quando i grappoli vengono raccolti e schiacciati, questi restano all’interno del succo ottenuto dalla loro spremitura.
Quando nel liquido viene consumato il poco ossigeno presente, i lieviti iniziano la fermentazione, ossia utilizzano lo zucchero che hanno a disposizione e producono alcol, il quale, a seconda della quantità in cui si forma, darà la gradazione alcolica al vino.
C6H12O6 → 2 CH3CH2OH + 2 CO2 + energia
Dopo la fermentazione alcolica, l’alcol etilico presente nel vino viene definito alcol svolto ed è quello che deve essere riportato obbligatoriamente con la percentuale volumetrica in etichetta (%).
L’alcol detto potenziale è invece il residuo di zucchero non fermentato presente nei vini dolci che “potenzialmente” avrebbe potuto essere trasformato, e che a volte è presente in etichetta; l’insieme dell’alcol svolto e di quello potenziale si chiama alcol complessivo.
Durante la fermentazione alcolica si producono anche altri alcoli come ad esempio il butilenglicol e polialcoli come la glicerina; si formano acidi organici come il succinico, esteri ed aldeidi e molte altre sostanze che saranno quelle che andranno a dare al vino il suo personale profilo sensoriale.
La fermentazione malolattica
Successiva alla vinificazione e alla fermentazione alcolica è un’altra fermentazione, indotta attraverso colture batteriche selezionate, ma molto spesso spontanea: quella malolattica.
E’ una reazione chimica innescata da alcuni batteri lattici chiamati Pediococcus, Lactobacillus[2] e Leuconostoc: essa avviene in primavera quando le temperature si alzano (18°-20°), in presenza di vini con pH non molto basso (3.2-3.4) e con una percentuale di alcol etilico inferiore al 15% e poca concentrazione di anidride solforosa (5 mg per litro).
La fermentazione malolattica è importante perché l’acido malico (LEGGI IL POST SULL’UVA) che si trasforma in acido lattico e anidride carbonica diminuisce l’acidità del vino rendendolo biologicamente stabile, più morbido ed equilibrato.
COOHCH2CHOHCOOH (acido malico) → CH3CHOHCOOH (acido lattico) + CO2 (anidride carbonica)
La malolattica è una fermentazione adatta ai vini rossi, ma che oggi viene utilizzata per alcuni vini bianchi importanti, fermentati o fatti riposare in barrique.
Sia il malico che il lattico sono acidi; la differenza fra gli acidi sta nel loro sapore e nella loro specifica forza: quello malico è l’acido organico più aspro presente nell’uva, mentre il lattico è il più delicato e anche il più dolce.
La fermentazione malolattica agisce non solo sull’acidità del vino ma anche sulle sue sfumature odorose: infatti i polisaccaridi che si concentrano aumentano la sua persistenza e il suo corpo andando a regalare sentori meno erbacei ma più speziati e tostati.
A proposito di malolattica…
Giacomo Tachis, famosissimo enologo, considerato l’artefice del Rinascimento enologico italiano e creatore di nuovi generi di vino quali Tignanello, Solaia, Sassicaia (i rossi noti come Supertuscans), fu colui che nelle sue sperimentazioni introdusse la fermentazione malolattica e l’invecchiamento in barriques anziché in botti per questo tipo di prodotti, superando il disciplinare della zona del Chianti Classico.
→ LEGGI IL POST SUI SUPERTUSCAN
Bibliografia e sitologia
Il mondo del sommelier, Associazione Italiana Sommelier, pagg. 94-95