Alla scoperta dei piatti amati dall’eroe dei due mondi: a Caprera il Memoriale che racconta anche come si mangiava a casa Garibaldi
Caprera, gioiello dell’arcipelago de La Maddalena (OT): un’isola quasi disabitata se non fosse per i residenti del piccolo borgo di Stagnali; un’area completamente protetta, famosa per essere stata l’ultima casa di Giuseppe Garibaldi, dove visse per oltre vent’anni.
Garibaldi costruì a Caprera la sua famosa “casa bianca”, ispirandosi alle fazendas del Sud America, oggi diventata un museo (Compendio Garibaldino).
Si dedicò ad una vita bucolica, piantando alberi e coltivando campi, dedicandosi all’allevamento di polli, cavalli, asini e pecore.
Qui con lui abitarono anche i figli avuti da Anita, quelli che ebbe da una domestica e dalla terza moglie, Francesca Armosino.
Sull’isola si trova anche un interessantissimo Memoriale dedicato a Giuseppe Garibaldi: attraverso multimedialità, oggetti e documenti storici provenienti da diverse collezioni, è possibile ripercorrere tutte le tappe delle avventure dell’eroe dei due mondi; un modo diverso per approfondire uno dei periodi più importanti per l’Italia, andando oltre i libri di scuola.
Il Memoriale è organizzato in diverse aree espositive dislocate negli ambienti ricavati dal restauro del Forte Arbuticci.
Si tratta di quattro corpi di fabbrica scanditi narrativamente secondo un percorso cronologico che va dalla giovinezza di Garibaldi, marinaio nizzardo affascinato dalle idee di Mazzini, agli ultimi anni a Caprera.
Presso il Memoriale Giuseppe Garibaldi non solo storia ma anche stralci di quotidianità: questi aspetti più intimi sono raccontati attraverso i ricordi di sua figlia Clelia nel libro Mio padre, un diario che rappresenta il lato più umano di questo famoso personaggio; ma numerose sono le testimonianze di amici, giornalisti, scrittori ed artisti che gli fecero visita e che si sedettero a tavola con lui.
In un pannello espositivo sono riportate le parole di Clelia: “I piatti preferiti di papà erano: il minestrone alla genovese col pesto e il pesce, specialmente se salato o seccato, come per esempio lo stoccafisso alla genovese o il baccalà in “brandade”.
Gli piaceva molto anche la carne per l’abitudine presa in America del sud, dove la carne era, per tutti, la base del nutrimento.
Specialmente nella stagione invernale quando nella camera da pranzo si accendeva il caminetto, papà si sedeva vicino al fuoco e vedendo quella brace ben accesa veniva spesso preso dal desiderio di mangiare il “ciurasco”.
Si faceva dare una bella fetta di manzo e la posava sulla brace ardente.
Quand’era ben arrostita la levava dal fuoco, ne tagliava il sottile strato già cotto, e mentre mangiava quella, metteva sul fuoco l’altra non ancora cotta continuando così alla fine.
Dopo non mangiava altro che un po’ di frutta. Nel pomeriggio prendeva volentieri una tazzina di tè, e più ancora il “mate”, che è un infuso che si fa in un’apposita zucchetta con zucchero e acqua bollente che si succhia con la “bombiglia” (lunga cannuccia d’argento che in fondo ha come una pallottolina bucherellata).
In America tutti usano succhiare dalla stessa cannuccia, passandosi e ripassandosi la zucchetta. Noi, invece eravamo solo in due a succhiare, papà e io…
Amava anche molto le olive in salamoia da mettere in alcune pietanze, e le olive molto mature cosparse di sale e seccate al sole, che mangiava poi come antipasto.”[1]
Garibaldi viene descritto da chi lo frequentava come un uomo gioviale, ospitale con tutti; mangiava quasi sempre in compagnia di parenti e domestici e accoglieva calorosamente tutti quelli che passavano a trovarlo.
Per primo si serviva lui, poi le donne che gli sedevano a fianco e dopo faceva girare il piatto.
Sulla tavola spartana di Garibaldi, apparecchiata spesso con fogli di giornale per risparmiare la biancheria, c’erano sempre prodotti stagionali raccolti nella sua “azienda” di Caprera; una cucina contadina povera ma di qualità e completa nella quale non mancavano mai formaggi, carne, pesce fresco, talvolta anche d’importazione sotto sale, e persino una gustosissima selvaggina.
A fine pasto frutta di stagione tra cui prevalevano fichi, uva e arance.
A casa Garibaldi si preparava il cibo sin dalle prime luci dell’alba quando il generale si svegliava per fare colazione con un bicchiere d’acqua e una tazzina di latte o caffè, addolcito col miele di Caprera, un rosso d’uovo e del pane.
Dopo un’intensa mattinata di lavoro fra campi e vigne (a cui lui teneva moltissimo), faceva un pranzo abbondante ma sobrio, spesso ad unica portata, che vedeva protagonisti zuppe, polenta, legumi, carciofi e patate o pasta in brodo.
Garibaldi era un grande amante del vino: quello rosso che produceva era apprezzato da esperti agronomi e ospiti che ne esaltavano l’ottima qualità, l’intenso colore il sapore deciso[2].
Ma vediamo più da vicino i deliziosi piatti da lui prediletti.
1. Ciurasco (Churrasco, piatto tipico dell’Argentina e del sud del Brasile)
- 800 gr di polpa di manzo (o di montone)
- 100 gr. di lardo
- ½ bicchiere di aceto
- 1 cipolla
- sale
- pepe
- maggiorana
- 4 pannocchie tenere di mais
- 400 gr. di patatine novelle
Preparare una marinata con l’aceto, la cipolla affettata, la maggiorana, il sale e il pepe. Immergere la polpa di manzo (o di montone) e lasciarla marinare per almeno 12 ore, girandola ogni tanto.
Al momento della cottura, sgocciolare la carne e asciugarla, infilarla in uno spiedo e cuocerla alla brace, irrorandola di continuo con il lardo fuso e aspergendola con altro sale, pepe e maggiorana.
A cottura ultimata, affettarla e sistemarla nel piatto da portata contornandola con le patate al forno e le pannocchie lessate.
2. Minestrone alla genovese
- 100 gr. di fagiolini verdi
- 1 melanzana
- 2 patate
- 2 zucchine
- 1 tazzina di caffè di pesto
- 300 gr. di pasta o riso
- 200 gr. di fagioli
- olio d’oliva
- parmigiano grattugiato q.b.
Far bollire l’acqua con del sale e buttare, al momento della bollitura, i fagioli, la melanzana affettata, i fagiolini verdi ed alcuni cucchiai di olio d’oliva.
Quando le verdure saranno cotte, unire la pasta o il riso. Quando la pasta o il riso saranno quasi cotti, aggiungere il pesto.
Terminata la cottura servire con una buona spolverata di parmigiano grattugiato.
3. Stoccafisso alla genovese
- 1 kg di stoccafisso
- 400 gr. di pinoli
- 100 gr. di olive verdi
- 1 costa di sedano
- 1 carota
- 1 cipolla
- acciughe sott’olio
- 2 spicchi d’aglio
- 1 kg di patate
- ½ bicchiere di vino bianco
- 2 mestoli di pomodori pelati
- sale e pepe
- 2 cucchiai di olio d’oliva
Far scaldare l’olio dentro una casseruola. Aggiungere l’aglio, sbucciato e intero, i pinoli, le olive, le acciughe e far soffriggere il tutto.
Nel frattempo preparare un battuto di sedano, carota e cipolla ed aggiungerlo alla casseruola. Lasciare soffriggere.
Preparare lo stoccafisso rimuovendo le eventuali lische e tagliarlo in tranci. Unire il pesce alla casseruola.
Sfumare con il vino bianco e lasciare evaporare a fiamma vivace per circa 10 minuti. Aggiungere la passata di pomodoro e mescolare. Sbucciare le patate a tocchetti ed unirle alla casseruola.
Versare abbastanza acqua per coprire tutti gli ingredienti. Salare, pepare e lasciare cuocere a fiamma moderata per circa 90 minuti.
A cottura ultimata, servire lo stoccafisso con il sughetto che si sarà formato.
4. Baccalà in brandade (preparazione tipica della cucina francese e in particolare della zona di Nîmes)
- 800 gr. di filetto di baccalà salato
- 26 cl di latte
- 25 cl di olio d’oliva
- 2 spicchi d’aglio
- 1 pizzico di noce moscata
- Sale e pepe
Il giorno prima immergere il baccalà in una bacinella con acqua fresca. Cambiare l’acqua spesso per dissalarlo.
Il giorno successivo, sistemare il pesce in una pentola con acqua fredda. Cuocere 15 minuti a partire dal momento di ebollizione.
Sgocciolare e lasciarlo intiepidire, quindi togliere la pelle e le spine. Sminuzzare la polpa e mettere da parte.
In una casseruola scaldare il latte, in un’altra scaldare l’olio, pelare gli spicchi d’aglio e tritarli finemente, aggiungere alla polpa di pesce e mescolare.
Versare il tutto in una grande casseruola e cuocere a fuoco dolce, aggiungendo, a poco a poco, il latte e l’olio scaldati precedentemente, continuando a mescolare con un cucchiaio di legno.
Quando il composto sarà abbastanza compatto e asciutto, non aggiungere né latte e né olio. Salare, pepare e aggiungere la noce moscata. Mescolare nuovamente.
Guarnire con qualche fetta di limone e servire.
5. Pesto (alla genovese)
- 50 gr. di basilico
- ½ bicchiere d’olio d’oliva
- 6 cucchiai di parmigiano reggiano
- 2 cucchiai di pecorino
- 2 spicchi d’aglio
- 1 cucchiaio di pinoli
- Qualche grano di sale grosso
Per fare il vero pesto occorrono un mortaio e un pestello, tanta diligenza e pazienza. Pestare nel mortaio l’aglio e il sale grosso.
Quando l’aglio e il sale avranno raggiunto la consistenza di una crema, sarà il momento di aggiungere i pinoli.
Aggiungere le foglie di basilico poco per volta e pestarle. Quando il tutto è ben pestato, aggiungere i due formaggi.
Infine aggiungere l’olio poco per volta, sino ad ottenere un pesto perfetto.
SISTEMA MUSEALE DI CAPRERA
Compendio Garibaldino e Memoriale Giuseppe Garibaldi – Isola di Caprera
garibaldicaprera.beniculturali.it
Per info e prenotazioni: 335 7505401
Email: drm-sar.museigaribaldi.caprera@beniculturali.it
Si ripercorre un tratto della nostra storia a volte poco conosciuta. Il museo interattivo, io come maestra, lo farei visitare a tutti i ragazzi.
I video sono chiari, semplici e coinvolgenti
Il luogo è suggestivo con una vista mozzafiato.
Ciao Mariarosa,
anche per me visitare questo memoriale è stata una scoperta. Per i ragazzi credo che sarebbe un’esperienza bellissima se non altro per vedere e scoprire questo pezzo di Sardegna che è davvero meraviglioso!