Alla scoperta di bicchieri, bottiglie e tappi del mondo del vino

Ad ogni vino il suo bicchiere

All’inizio c’era il tastevin, di cui ho parlato in un altro post (LINK).

Oggi nel mondo del sommelier uno dei suoi strumenti di lavoro è sicuramente il bicchiere: per assaggiare le diverse tipologie di vino è necessario che forma e dimensioni del calice siano uniformi per avere condizioni standard di valutazione.

Il bicchiere da degustazione è un modello riconosciuto a livello internazionale dall’ISO (International Standard Organisation), di vetro o cristallo completamente trasparente e privo di decorazioni o sfaccettature.

I bicchieri per il servizio, invece, hanno diverse forme e dimensioni che variano a seconda del tipo di vino che devono ospitare per esaltarne al meglio tutte le caratteristiche: con le loro bellissime curve semplici ed essenziali, con i loro steli sottili, diventano complemento di stile ed eleganza.

Partendo dai vini giovani bianchi o rosati, il bicchiere deve essere poco ampio per concentrare i profumi ed evitare di renderli evanescenti quando si ossigena; per questo si consiglia un calice a tulipano leggero ed elegante.

Se il vino bianco è più strutturato se ne può utilizzare uno un po’ più ampio.

Anche per i vini rossi che hanno una evoluzione maggiore rispetto ai bianchi, si parte sempre da calici non molto ampi se giovani, e man mano che questi invecchiano ed acquisiscono complessità si passa a quelli più larghi per permettere loro un’ottima ossigenazione.

Per gli spumanti si può utilizzare la classica flûte, un bicchiere stretto e slanciato che con la sua forma permette al perlage (bollicine date dall’anidride carbonica presente) del vino di svilupparsi bene dal basso verso l’alto portando in superficie le particelle profumate.

Ma la tendenza attuale è quella di adoperare anche per questi vini bicchieri di dimensioni maggiori, più ampi e panciuti.

La più famosa coppa di champagne, nata per contenere questo prezioso nettare, oggi è generalmente usata per gli spumanti aromatici dolci come il Moscato d’Asti; questa forma caratterizzava proprio lo champagne che all’inizio era un vino dolce che accompagnava i dessert.

Infine per i passiti vengono utilizzati calici piuttosto piccoli per via della ridotta quantità di prodotto; per i distillati si usano i classici modelli napoleon e tumbler (quest’ultimo senza stelo), che si adattano alla forma della mano.

I bicchieri per il vino sono piuttosto delicati; anche nel lavaggio bisogna stare attenti, non dovrebbero essere utilizzati detersivi (al massimo sapone neutro di Marsiglia) che con i loro tensioattivi potrebbero ostacolare alcuni caratteri visivi del vino come la consistenza e il perlage.

Si consiglia sempre di lavarli a mano con acqua calda ed asciugarli con stoffe o salviette che non lascino pelucchi (ad esempio tessuti di lino).

 

Le bottiglie: forme e misure

Dai contenitori in pelle e cuoio alle anfore in terracotta, il vino giunge oggi sulle nostre tavole in bottiglie di vetro che non sono tutte uguali.

In genere sono spesse, scure, atte a preservare la qualità del prodotto; ma il produttore spesso sceglie anche di imbottigliare i propri vini bianchi o rosati che non sono destinati all’invecchiamento in vetri trasparenti, al fine di mostrare ai clienti le loro belle sfumature di colori.

Esistono diverse forme di bottiglie.

Iniziamo con l’albeisa, tipica della zone delle Langhe (Piemonte); la borgognona o borgognotta nata per i grandi vini di Borgogna (Francia);

la pulcianella o bocksbeutel (LEGGI IL POST) per i rossi della Franconia o per alcuni vini portoghesi (N.B. il nome pulcianella deriva dalla cittadina di Montepulciano in provincia di Siena perché i vini migliori, inviati dalle grandi famiglie nobili alla Corte Pontificia, venivano imbottigliati in questo tipo di bottiglie);

la porto è la bottiglia usata per i liquorosi come appunto il Porto, lo Sherry o il Madeira, mentre l’anfora è impiegata in Provenza (Francia).

In Italia questa forma ha rappresentato per anni il Verdicchio delle Marche, ideata da un architetto milanese nel 1953, Antonio Maiocchi, per una nota azienda produttrice della regione.

Albeisa, borgognona, pulcianella, porto, anfora e bordolese classica

Poi abbiamo la bordolese, originaria di Bordeaux (Francia) che è oggi la tipologia di bottiglia più diffusa sia per i bianchi che per i rossi; c’è quella classica, a spalla alta e quella piccola, usata per i vini dolci di capacità inferiore.

La champagnotta è impiegata per lo champagne e tutti i vini spumanti metodo classico (rifermentazione in bottiglia), mentre la champagne cuvée ha una forma più allargata alla base e il collo leggermente più lungo.

La renana o alsaziana, originaria della Valle del Reno, è usata soprattutto per i vini bianchi, mentre la marsalese, come dice il nome stesso, è la classica bottiglia del Marsala (Sicilia).

Bordolese a spalla alta, bordolese piccola, champagnotta, champagne cuvée, renana e marsalese

Le bottiglie si suddividono anche per capacità: la classica misura 0,750 l; per i passiti invece si usano quelle da 0,500 l o da 0,375 l (mezza bottiglia).

Il quarto di bottiglia misura 0,200 l; come multipli della bottiglia ci sono la magnum che equivale a 2 bottiglie, la jèroboam o doppio magnum (4 bottiglie), la rèhoboham (6 bottiglie), la mathusalem (8 bottiglie), la salmanazar (12 bottiglie), la balthazar (16 bottiglie) e la nabuchodonosor (20 bottiglie).

Le misure delle bottiglie da vino (Fonte: www.themeter.net)

Anche se ormai non è più utilizzato, il fiasco è stato da sempre il contenitore del Chianti e ha rappresentato il vino italiano nel mondo; esiste la bottiglia Tokaj che racchiude il prezioso nettare ungherese omonimo, di vetro trasparente e della capacità di 0,500 l [1]; infine la clavelin usata in Francia per i particolari e rari Vin Jaune dello Jura che hanno una forma particolare ed una capacità di 0,62 l.

I tappi

Anche i tappi da vino non sono tutti uguali.

Quello classico è in sughero (VEDI POST SUL SUGHERO) che gioca un ruolo determinante nell’evoluzione del vino perché garantisce il suo lento affinamento in bottiglia.

Esiste quello monopezzo (di ottima qualità), quello bicomposto (formato da un corpo prodotto per centrifugazione accoppiato a due rondelle in sughero monopezzo), e quello per spumanti, il classico “fungo”, la cui parte superiore è formata da pezzi agglomerati di sughero mentre la parte inferiore da due rondelle a pezzo unico.

Poi ci sono tappi in silicone e plastica che non permettono nessuno scambio tra interno ed esterno della bottiglia;

più economici, sono infatti usati per quei vini che non necessitano di affinamento e che sono destinati ad un consumo a breve termine; c’è anche il tappo in vetro, ma ormai sono in pochissimi ad utilizzarlo, mentre in paesi come Australia, Nuova Zelanda è molto in voga il tappo a vite anche per i vini di pregio, soprattutto bianchi.

Il tappo a corona esiste ma è molto più raro.

 

Bibliografia

La degustazione, Associazione Italiana Sommelier, pagg. 26-33

Il mondo del sommelier, Associazione Italiana Sommelier, pagg. 106-113

 

 

[1] Esistono anche i formati da 375 ml, 250 ml, 187,5 ml e 100 ml.
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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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