Dalle note della hit Amore e Capoeira di questa estate 2018, l’amatissima bevanda brasiliana con cui si prepara la famosa Caipirinha: la cachaça
“Cercavo un mare calmo e ho trovato te, col vento così forte, non dirmi buonanotte, soltanto per stasera amore e capoeira, cachaça e luna piena come in una favela“. Basta davvero poco perché una canzone estiva diventi un tormentone: è il caso di Amore e Capoeira, il nuovo singolo di Takagi e Ketra che, grazie anche alle calde voci di Giusy Ferreri e Sean Kingston, sta spopolando in radio in questa stagione 2018.
Ritmi colorati come quello del Baile do Favela uniti a un testo leggero e fresco, fanno venire voglia di ballare; se poi ci mettiamo anche la cachaça e la capoeira, diventa un perfetto mix brasiliano. La capoeira, infatti è una lotta acrobatica sviluppata dagli schiavi africani in Brasile, simile ad una danza poiché è caratterizzata da movimenti eleganti e spettacolari, accompagnata da canti e strumenti a percussione.
E la cachaça? Ingrediente fondamentale del Caipirinha, uno dei cocktail più famosi degli anni ‘80-’90, è una bevanda amatissima in Brasile: si tratta di un’acquavite ricavata dalla distillazione del mosto fermentato di canna da zucchero. Praticamente un rum brasiliano. Ne vengono prodotti circa 1,3 miliardi di litri di all’anno, destinati per la maggior parte al consumo interno del paese, facendolo diventare così il terzo distillato più bevuto al mondo!
Consumata liscia o con ghiaccio, frutta o sciroppi, la cachaça è anche il distillato più antico delle Americhe: la tecnica di distillazione fu introdotta dai portoghesi proprio in Brasile, ancora prima che per il rum delle Barbados. Le produzioni sono attestate già agli inizi del Cinquecento; prima, col termine cagassa, si intendeva la spuma che affiorava con la bollitura del succo, destinata ad essere alimento per gli animali e servita anche agli schiavi durante il lavoro.
Il nome cachaça potrebbe derivare inoltre dalla parola spagnola cachaza, un’aguardiente[1] di minore qualità, oppure da cachaço, “porco sevatico”, dal momento che l’aguardiente era usata per macerare la carne; anche la garapa, cioè il succo fermentato della canna da zucchero, era largamente consumato. Nel ‘600 si trova poi il termine aguardiente “para os negros” poiché si racconta che gli schiavi delle piantagioni brasiliane la bevessero per lenire stanchezza e sofferenza, usandola come anestetico tonificante. La bottiglia aveva forma prensile e schiacciata poiché permetteva loro di tenerla sotto al braccio.
La cachaça o aguardiente de caña, dunque era la bevanda dei neri; la sua storia si alterna fra divieti di distillazione, commercializzazione e alte tassazioni sulla vendita fino a quando, il 13 settembre del 1661, con la ribellione ai portoghesi detta rivolta della cachaça, i produttori non imposero definitivamente la rottura di un decreto che ne proibiva la produzione sul territorio. Ancora oggi il 13 settembre si festeggia el Día Internacional de la Cachaza, a ricordo di questo importante avvenimento.
La migliore cachaça del paese viene prodotta a Minas Gerais e a San Paolo, ma rappresenta per tutto il Brasile una vera e propria identità territoriale che ne racchiude storia e tradizioni. Oggi nelle campagne le distillerie sono migliaia e da bevanda “dei poveri” è diventata di valore, soprattutto nelle versioni premium ed extra premium, cioè più o meno invecchiate in legno. Nella versione premium l’invecchiamento va da uno a tre anni, in quella extra premium da tre anni in poi.
Mentre il rum viene distillato dopo la bollitura dell’estratto di canna da zucchero, la cachaça viene distillata a freddo: ne deriva un prodotto molto più fresco che mantiene intatti gli aromi originari. Infatti la canna da zucchero viene sfibrata e pressata per estrarne la parte zuccherina; successivamente il succo grezzo ottenuto viene fatto fermentare con lieviti particolari e infine distillato, con metodo continuo e discontinuo, in alambicchi.
Il colore della cachaça varia dal trasparente al giallognolo se viene fatta invecchiare nelle botti, e per questo viene chiamata cachaça cavelha o black. Con la cachaça abbiamo detto che si fa la Caipirinha, schiacciando un lime col pestello nel bicchiere, aggiungendo zucchero di canna, ghiaccio sbriciolato e un fetta di lime come guarnizione. Il nome deriva da caipira, termine portoghese che identifica i contadini, i tagliatori di canna da zucchero ma, più in generale, gli abitanti delle zone rurali del Brasile.
Sitografia
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Saluti Mario martelli
Caro Mario, scrivimi a info@ilcalicediebe.com così posso fornirti dei contatti! Un caro saluto!