La cultura e la tradizione gastronomica di un quartiere, le sue donne e le loro vite: il pane di Cuti
A Rogliano (Cs) il pane si fa da sempre. Questo paese, che se ne sta al centro dell’imponente valle del Savuto, è rinomato per questa secolare tradizione, in maniera particolare il rione di Cuti. Qui, tra vicoli, case e profumi riecheggia ancora un passato fatto di lavoro e fatica, ma anche e soprattutto di storie, tutte al femminile.
Il pane di Cuti è un po’ il simbolo della vita di quelle donne che lo hanno sempre preparato, lavorandolo come le loro madri, e ancora prima le loro nonne, avevano insegnato loro. A Cuti oggi alcune ci abitano ancora; sono anziane, con la pelle rugosa segnata dal tempo, ma allo stesso tempo piene di grinta. Sono loro le protagoniste del bellissimo libro di Pina Oliveti, Le donne del pane, che raccoglie stralci di un vissuto che tanta cultura, non solo gastronomica, ha da tramandare.
Le loro mani sono custodi di antichi saperi, tradizioni ed usanze; quelle stesse mani che la sera prima facevano “u levato” o “a ùavatina” (cioè il lievito madre), con acqua e farina mescolata solo con la destra, coperta con la crusca e sulla quale si faceva il segno della croce. Questa pasta poi messa nella majilla riposava sotto ad un leggero telo di lino o di cotone oppure sotto una coperta di lana, imponendovi per altre tre volte il segno della croce. Il pane di Cuti nasce da queste premesse, cariche di significato.
“Ammassare” la pasta richiedeva ritualità e maestria: di prima mattina, dopo aver riscaldato l’acqua e messo il sale, lo si versava con la farina da impastare nella majilla, e la si lavorava finché le mani non restavano asciutte; dopo la si appianava, ci si faceva il segno della croce sempre con la destra, la si ricopriva di crusca e con il telo che serviva a mantenerla calda e asciutta. Le donne di Cuti recitavano anche una preghiera prima della sçanatura (ossia prima di dare la forma al pane e intavolarlo per la cottura) molto importante per loro e per la buona riuscita del prodotto:
Criscia, criscia pasta
Comu criusciu lu Signure intra na fassa
Criscia, criscia, farina
Comu criusciu lu Signure intra lu sinu
Criscia, criscia, pane
Comu u Signore ficia criscere ‘u mari Giurdanu.
Il pane è sacro, perciò non si poteva non farlo a regola d’arte, è il volto del Signore e il primo levato è stato fatto dalla Madonna. Nei racconti de Le donne del pane emergono la semplicità e la genuinità di queste madri e mogli che per decenni lo hanno sfornato a Cuti. E dalle loro parole si schiudono ricordi della loro infanzia, delle loro famiglie, delle loro vite non sempre facili che hanno però portato avanti con fierezza.
Ci sono Ida e il suo “pane ‘da bibbia”, nonna Marietta, nonna Chella che sfamò gli sfollati arrivati a Rogliano durante la guerra; c’è anche la nonna della scrittrice del libro, Antonietta, col suo “tesoro” nascosto con cura in un baule fatto di cose deliziose come le crocette e fichi “jianchi”; Peppina, una “raccoglitrice di castagne” e Peppinella che a 101 anni racconta come fosse ieri delle sue gioiose feste di Natale, episodi della sua giovinezza spensierata a Cuti, fatta di piccole cose, ma di molto valore.
E poi c’è anche Flora, a cui Pina Oliveti dedica la ricetta di una deliziosa torta al pane che si trova nel libro. E’ proprio Flora che gliela tramanda, anche se non ricorda le dosi: il gusto di questo dolce antico è per lei un tuffo commovente nel passato, di quando da giovane a Cuti cucinava, ricamava e sapeva tutto di tutti.
Così il pane di Cuti si fa testimone di una realtà autentica, fatta di usi antichi e credenze popolari, un elemento di aggregazione ed unione familiare attorno al quale si svolgeva una vita modesta ma piena d’amore, lo stesso amore che queste donne mettevano nel dare forma ed anima a questo importantissimo alimento.
Oggi il panificio di Antonio, il marito di Pina, continua questa tradizione. Il primo pane di Cuti è stato sfornato nel 1985 dopo aver appreso dalle nonne Minichella e Marietta l’arte della panificazione. E’ un prodotto a lievitazione naturale, profumato e gustoso, rigorosamente cotto a legna, in un forno costruito secondo le indicazioni di un vecchio “mastro” ed è ormai diventato uno dei migliori esempi di questa artigianalità in Calabria; da questo forno poi nascono altre squisitezze come pitte, taralli e focacce, anch’esse piene di quel sapore inconfondibilmente casalingo.
Bibliografia e sitografia
Pina Oliveti, Le donne del pane. Cuti: storie di rughe, profumi e memorie, Luigi Pellegrini Editore, 2014
Ho vissuto la mia infanzia a Rogliano e ricordo perfettamente il pane di Cuti…straordinariamente buono
Che bello, Maria Rosaria 😊