Formaggi di Calabria: non c’è che l’imbarazzo della scelta nel parlare di prodotti tipici della regione. Le specialità riconosciute come DOP ed IGP sono tutte molto note ed apprezzate, e nella lista non mancano sicuramente le tradizioni casearie della provincia di Cosenza entrate nell’elenco dei PAT

Il prodotto tipico inteso come prodotto agricolo o agro-alimentare trasformato, è il protagonista della valorizzazione del paesaggio, della cultura contadina e testimone speciale della vita di un territorio.

I riconoscimenti di qualità di cui esso può fregiarsi sono molto legati al turismo gastronomico di cui la terra del cosentino ne è protagonista indiscusso.

Nella provincia di Cosenza la produzione di formaggi e latticini è di origine antichissima.

Con l’arrivo dei coloni greci in Calabria si apprese l’arte casearia, che i Romani successivamente perfezionarono introducendo l’uso del latte vaccino fino ad allora poco utilizzato.

Formaggi della tradizione cosentina (Fonte: www.caseificiopaese.it)
Caciocavallo Silano DOP

Del re dei formaggi cosentini troverete storia e caratteristiche ne “I sapori della Sila”, assieme ai salumi DOP e alla Patate silane IGP.

 Butirro PAT
Il Butirro (Fonte: www.foodscovery.it)

Entrato nella lista dei PAT, il Butirro è il più caratteristico fra prodotti caseari della Calabria e del cosentino.

La sua origine è molto antica e nonostante sia diffuso un po’ in tutto il meridione d’Italia, con tutta probabilità nasce proprio nella nostra regione; la sua tradizione è legata alla consuetudine di portare le mandrie, in primavera-estate, in alpeggio.

Il Butirro serviva come “contenitore” naturale per conservare il prezioso burro privo di sale, non esistendo tecniche di refrigerazione, e che in questo modo mantiene intatto il suo aroma.

E’ composto da uno strato esterno di pasta filata e da un interno morbidissimo.

Quello cosentino si presenta con la classica forma a pera con la testina.

Si prepara con latte crudo vaccino, spesso con quello della locale mucca podolica.

Dopo aver filato la pasta manualmente, la forma viene tagliata a fette e si immerge nell’acqua quasi bollente; poi viene incorporato il cuore di burro e si modella il prodotto.

Per non danneggiare l’interno, sensibile alle alte temperature, si immerge il prodotto in acqua fredda. I butirri sono poi legati a coppie e posti a cavallo di pertiche in legno; si consumano dopo una media stagionatura e il peso varia da 200 a 300 grammi.

Felciata PAT
La Felciata di Morano (Fonte: www.dolcipascoli.com)

In dialetto “filicèta”, è un formaggio calabrese fresco, tenero e dalla superficie liscia, tipico della provincia di Cosenza, in particolare del comprensorio di Morano Calabro e del Pollino cosentino in genere.

Prende questo nome dalle felci utilizzate nella preparazione, dalle quali ne assorbe il particolare profumo.

E’ un prodotto della tradizionale pastorizia locale e dalle origini antiche; era sempre presente sulle tavole sia dei contadini che dei ricchi del luogo e veniva chiamato “pane degli angeli”.

Si narra che gli artigiani che lavoravano il legno barattassero un particolare cestello fatto di legno di gelso o noce (usato anche oggi per la Felciata) in cambio di questo buonissimo formaggio.

Diventato Prodotto Agroalimentare Tradizionale calabrese, viene preparato con latte di capra e di pecora (in piccola quantità) e si consuma fresco e soltanto in primavera-estate.

In questo periodo il latte degli animali è ricco di aromi e sapori grazie ai freschi e incontaminati pascoli delle montagne del Pollino; quest’ultimo viene filtrato con le felci e poi riscaldato in apposite caldaie di rame.

Aggiunto il caglio, in attesa della coagulazione, si sistemano i rametti più consistenti delle felci, e successivamente si procede alla raccolta della cagliata con la cocchiera (attrezzo tipico in legno d’acero) e al riempimento dei tipici secchielli di legno, alternando strati di cagliata e di felci.

La Felciata è inoltre entrata a far parte dell’Arca del Gusto della Fondazione Slow Food.

Canestrato PAT
Il Canestrato (Fonte: www.dolcipascoli.com)

Altro PAT della regione, il Canestrato viene prodotto nel periodo che va da ottobre a luglio si prepara con latte vaccino, ovino e caprino intero crudo, utilizzati singolarmente o miscelati tra loro.

Il nome deriva dai canestri di giunco utilizzati già dai Romani per depositare la pasta che fuoriusciva dalla caldaia durante la produzione del formaggio e la loro impronta è ben marcata e visibile sulla superficie esterna del formaggio.

Il peso varia da 1 a 20 chilogrammi e ha una forma cilindrica, a facce piane nel prodotto fresco, leggermente concave in quello stagionato.

Anche il sapore varia: dolce nel prodotto fresco, piccante e di odore pungente quando è stagionato.

Le forme possono essere strofinate con olio d’oliva o con peperoncino in polvere.

Il formaggio consumato fresco richiede dagli otto ai dieci giorni di riposo ed ha bisogno di salatura (primosale), mentre per la stagionatura si richiedono da due ad oltre quattro mesi, in ambiente fresco e aerato, avendo cura di girarlo periodicamente (tuma).

Viene consumato anche appena prodotto senza essere salato.

Formaggio “du quagliu
Formaggiu “du quagliu” (Fonte: www.fondazioneterradotranto.it)

Il formaggio “du quagliu” è una prelibatezza dei pastori cosentini. Molto raro e ricercato, essendo inverminato non può essere commercializzato.

Prodotto con il 70% di latte ovino e il 30% di caprino, è di forma cilindrica con un peso che varia da 1 a 3 chilogrammi.

Quasi sicuramente “quagliu” è la forma dialettale che dal verbo quagliare, “cagliare” indica il coagularsi del latte.[1]

C’è anche un detto popolare che recita: “S’è fattu du quagliu” riferito a qualcosa che è inservibile o a persona inaffidabile, su cui non si può contare.

Dal sapore molto piccante, ha bisogno di una stagionatura di circa cinque mesi.

Viene prodotto non solo nella provincia di Cosenza, ma un po’ in tutta la Calabria e nel sud Italia; la lavorazione è come quella del pecorino, ha una crosta dorata e macchie scure.

Come nel caso del sardo casu martzu (cioè ‘formaggio marcio’), è un prodotto colonizzato dalle larve della mosca del formaggio (Piophila Casei).

Il casaro, una volta fatta la forma e dopo un periodo di maturazione, lascia che il formaggio venga attaccato dalle mosche attratte dall’odore;

sul substrato depongono le uova, da cui nascono i vermi che scavano nella forma, partendo dalla parte centrale per poi dirigersi verso l’esterno, che è per questo ricoperto di piccolissimi fori.

La stagionatura dura 4 o 5 mesi circa in ambiente fresco.

Formaggio “Degli Albanesi”

Tipico di tutti i paesi albanesi del cosentino si produce con latte vaccino di razze miste, e ne esistono varianti anche caprine ed ovine.

Particolarmente rinomato è quello prodotto a Cavallerizzo di Cerzeto (CS).

La tradizione vuole che fosse il formaggio benedetto da San Francesco, che lo ricevette in dono dai pastori durante i suoi spostamenti da Paola verso il convento di S. Marco Argentano.

Di forma cilindrica ha un peso che varia da 1 a 3 chilogrammi, con una crosta rigata e dura, di colore giallo intenso e macchie scure; l’interno è a pasta compatta e scagliosa ed ha profumi e sapori intensi.

Caratteristica della sua lavorazione, che è simile a quella del pecorino, è una semicottura della cagliata dopo essere stata rotta. Dopo la salatura a secco la stagionatura varia da 6 a 12 mesi.

Giuncata PAT
La Giuncata (Fonte: www.ilgalloalgrill.it)

O bianca Galatea, perché respingi

chi ti ama, bianca più della giuncata,

morbida più di un agnello, più altera

di un vitello, più splendida dell’uva

ancora acerba?”

Questi versi tratti dall’Idillio XI di Teocrito di Siracusa, citano la giuncata, quale formaggio antichissimo già conosciuto nel III secolo a.C., oggi Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Calabria.

Per secoli è stata un cibo consumato da pastori e contadini a colazione; nel Medioevo e in epoca rinascimentale fu molto apprezzata anche dai nobili.

La Giuncata, juncata o sciungata, è un formaggio di fine lattazione, non più grasso per produrre la ricotta;

è prodotto con latte intero crudo ovino ed ovi-caprino (ma anche vaccino), durante la primavera-estate nelle zone cosentine dal Pollino, all’altopiano della Sila fino alla piana di Sibari.

Generalmente ha una forma tonda o cilindrica, ma si può trovare anche rettangolare (dipende dalla forma del contenitore in cui viene deposta la cagliata), di peso che varia tra i 200 e i 400 grammi.

Il latte filtrato viene riscaldato a 35° in rame stagnato; dopo la coagulazione e il riposo, la cagliata viene rotta con l’ausilio di uno spino, e posta in canestri tradizionalmente di giunco (da qui il nome “giuncata”) o di legno, avendo cura che spurghi bene.

Essendo un formaggio fresco e leggero, la giuncata viene venduta solitamente in giornata, al massimo entro due giorni dalla produzione, oppure più o meno stagionata e anche affumicata su stuoie di giunco oppure sui “cannizzi” (piani di appoggio fatti di canne).

La crosta è lucente, color bianco porcellana, la pasta è consistente con piccole cavità sierose, mentre al gusto ha un sapore dolce-acidulo.

Mozzarella silana PAT
Mozzarella silana (Fonte: www.formaggio.it)

Prodotta nella provincia di Cosenza viene realizzata nel periodo estivo (durante la transumanza dalla costa ionica all’altopiano della Sila).

Si utilizza prevalentemente latte vaccino di razza Podolica.

Le tecniche adottate sono rigorosamente artigianali: il latte viene fatto coagulare alla temperatura di 35-37°, e dopo aver rotto la cagliata alle dimensioni di chicchi di riso con l’utilizzo del “misculu” (attrezzo in legno), la massa viene scaldata, lasciata riposare e posta in recipienti di legno dove avviene la maturazione, fino ad ottenere il giusto grado di acidità.

Viene poi filata in acqua a 85° e suddivisa a mano in tanti pezzi sferoidali mozzati e la salatura è effettuata in salamoia.

Paddaccio
Il Paddaccio (Fonte: www.parks.it)

Conosciuto anche con il nome di Peddaccio è un formaggio tipico del periodo pasquale.

La zona di provenienza è quella del comprensorio di Cassano allo Jonio e del vicino Pollino.

Prodotto con latte di capra o di pecora intero crudo, è un formaggio fresco di forma sferica, che pesa circa 500 grammi.

La pasta è molle, di colore bianco latte, di sapore dolce ed odore caratteristico; non ha crosta, ma la superficie esterna è leggermente rugosa.

Una particolarità nella produzione è che la cagliata viene rotta con l’aiuto dello spino in piccoli granelli delle dimensioni di chicchi di riso.

Il formaggio viene poi confezionato in involucri di felci intrecciate a mo’ di sacchetto. Non richiede stagionatura.

Ricotta silana
Ricotta silana (Fonte: www.lianasrl.com)

Prodotta da ottobre a luglio, più che un formaggio la ricotta è un latticino che deve essere consumato fresco.

La ricotta silana si ricava da siero di latte vaccino o caprino.

Di forma tronco conica si presenta con una pasta sierosa, adesiva, morbida e delicata, di colore bianco avorio e dal sapore delicato.

Una volta girate sono depositate nelle classiche fuscelle per conferirgli la forma tipica.

Bibliografia e sitografia

Teocrito di Siracusa, Idillio XI, Il Ciclope, vv. 21-25

www.treccani.it

www.fondazioneslowfood.com

www.atlantecaseario.com

www.calabriaportal.com

www.tipicidigusto.it

 

[1] www.treccani.it/vocabolario/quagliare/
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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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