Pecorello grappolo uva

Un vitigno autoctono raro e un nettare dai poteri divinatori. Ecco un’altra storia che racconta la Calabria e la sua ricchezza culturale ed enologica: scopriamo il Mantonico, il vino dei profeti

Uve antiche caratterizzano da sempre miti e leggende del mondo del vino.

E in Calabria, come accade per il greco di Bianco, anche attorno al mantonico, altro importantissimo vitigno autoctono diventato “di nicchia” per la sua rarità, ruotano affascinanti storie che raccontano le radici enologiche della variegata biodiversità della regione.

Le sue origini sono ancora poco conosciute, ma si narra che quest’uva sia arrivata anch’essa con lo sbarco dei primi coloni Greci nel lontano VII secolo a.C. sulle coste della Locride, oppure che sia stata domesticata ancora prima nell’antica Enotria.

Con ogni probabilità il nome deriva dal greco μαντονικος (mantonikos), da μαντις-εος (mantis-eos), che significa “indovino”, “profeta”.

Grappolo di Mantonico (Fonte: www.librandi.it)

Sembra, infatti, che il vino ottenuto con quest’uva fosse utilizzato dai sacerdoti dell’antica Locri Epizefiri e dagli indovini a scopo cerimoniale e propiziatorio.

Bevendone in abbondanza si cadeva in quel famoso “stato di ebbrezza” che generava il potere di divinazione: nell’antichità classica era la realizzazione della comunicazione tra l’umano e il soprannaturale, attraverso la simpatia con la divinità[1].

Questa cultura ha accompagnato nel tempo tutto il Sud Italia, come testimoniano le tracce lasciate dai culti dionisiaci, dai riti orgiastici o dai baccanali romani.

Per secoli questo vitigno calabrese a bacca bianca è stato confuso con il trebbiano e soprattutto con il montonico bianco che nei Bollettini Ampelografici del 1875 è indicato come stanziale della provincia di Teramo.

Non bisogna, poi, confonderlo con il montonico pinto della Calabria Ionica.

È conosciuto con numerosi sinonimi, da raxcciapoluta a uva regno, da ciapparone a caprone, alcuni di questi simili a quelli usati per definire il montonico bianco. Ne esiste anche la varietà a bacca rossa, ma non è molto diffusa.

Il mantonico ha il suo habitat ideale in alcune zone del sud della Calabria:

la sua maggiore diffusione si registra lungo la costa ionica, dove ricopre una superficie complessiva di circa 45 ettari, distribuiti soprattutto nei comuni di Palizzi, Casignana, Locri (dove in dialetto è chiamato mantonacu viru cioè “vero mantonico”, per differenziarlo da altre varietà simili) e Monasterace, tutti in provincia di Reggio Calabria, ma risale anche verso la fascia Crotonese, nella Valle del Neto e nel Marchesato.

Queste sono zone collinari particolarmente vocate alla viticoltura, coi loro terreni calcareo-argillosi e il clima mediterraneo mitigato dalle brezze marine.

In passato si prediligeva la coltura ad alberello, oggi si è diffuso quella a cordone speronato;

un tempo il mantonico era principalmente destinato all’esportazione come uva da tavola, specialmente verso il Nord Europa.

Una ridotta quantità era essiccata in zona e utilizzata per la pasticceria.

I grappoli sono tozzi e di media grandezza, mentre gli acini sono di dimensioni medie, di forma ellissoide, regolare, di sapore dolce e acidulo al tempo stesso, con una buccia resistente e tannica di colore giallo verdognolo, ma che arrivano a maturazione tardiva con un bel giallo dorato.

Queste caratteristiche hanno favorito l’uso dell’antica tecnica di appassimento delle uve su graticci prima di procedere alla vinificazione, ottenendo così un nettare dolce e concentrato, come accade per il Greco di Bianco.

Nasce così un altro ‘vino da meditazione’, di un giallo dorato dai riflessi ambrati, con intense note di fiori, frutta candita (albicocca, agrumi), di miele e frutta secca, delizioso al palato, fresco, sapido e vellutato.

Ottimo a fine pasto insieme a formaggi stagionati o a dolci di pasticceria secca, come i mostaccioli. Un’altra perla enologica calabrese che ultimamente è stata rivalutata e valorizzata non solo nella versione passita ma, anche in quella secca.

Se vinificato in secco (cosa che avviene in pochissime cantine), produce un vino di colore giallo scarico, ma dai sentori floreali fini ed eleganti, fruttati di agrumi, pesca, che maturando si arricchiscono diventando di pietra focaia e cera d’api;

possiede una buona struttura acida e freschezza gustativa, e se lasciato macerare sulle bucce, acquisisce una leggera e piacevole tannicità che lo rende caratteristico ed adatto alla conservazione.

Vediamo un po’ di cantine che impiegano questo importante vitigno.

Calabria IGT Mantonico – Statti
Val di Neto IGT Efeso – Librandi
Calabria IGP Chora Bianco – L’Acino

Molto interessanti sono due esempi di Mantonico secco in purezza, di due diverse zone geografiche della regione: il Val di Neto IGT Efeso della cantina Librandi (Cirò), e il Calabria IGT Mantonico di Statti (Lamezia) vini bianchi complessi e corposi di grande longevità; L’Acino invece, cantina di San Marco Argentano (Cs) produce un Calabria IGP Chora Bianco utilizzando Mantonico, Guarnaccia bianca e Greco Bianco, mentre in purezza vinifica il Mantonico Pinto ottenendo il Calabria IGT Mantonicoz. Inoltre, da Castrovillari (Cs) nella zona del Pollino, l’azienda Ferrocinto produce un DOP Terre di Cosenza sottozona Pollino Montonico 100%, che per loro è sinonimo di Mantonico.

Calabria IGT Janestra – Viglianti
DOP Pollino Montonico – Ferrocinto

Spostandoci poi nel reggino, sua zona di elezione, sempre in versione secca ed in abbinamento a Malvasia e Greco Bianco, dalla piccola cantina Viglianti di Careri (Rc) abbiamo il Calabria IGT Janestra; le cantine Lucà di Bianco (Rc) propongono invece il Locride IGT Marasà Bianco con Guardavalle, e passando alle versioni dolci, abbiamo espressioni come il Locride IGT Mantonico Passito in purezza sempre di Lucà, Locride IGT Mantonico Passito di Maria Baccellieri, il Locride IGT Mantonico Passito di Ceratti, mentre risalendo nel Crotonese il passito Val di Neto IGT Le Passule, sempre della cantina Librandi.

Versioni di Mantonico Passito:

Val di Neto IGT Le Passule – Librandi
Locride IGT Mantonico Passito – Ceratti
Locride IGT Mantonico Passito – Maria Baccellieri
Locride IGT Mantonico Passito – Lucà

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

Guida ai vitigni d’Italia, Slow Food Editore, pag. 272

 

Contatti:
www.tenuteferrocinto.it
www.librandi.it
www.statti.com
www.acinovini.com
www.viniviglianti.it
www.facebook.com/cantineluca
www.baccellieri.it
www.agriturismoceratti.com

 

[1] Costantino Cipolla (a cura di), Il Maestro di Vino, pagg. 273-274
fb-share-icon20
Tweet 20

3 commenti

  1. Non bevo,ma i tuoi racconti fanno venire voglia di bere.

    1. Grazie, Antonio!

  2. Bravissimo. Sentito il passito in questi giorni…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

* Questa casella GDPR è richiesta

*

Accetto / Accept

Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

Potrebbe anche interessarti...