Dall’antico Egitto torna un vino affascinante, riprodotto da una azienda trevigiana utilizzando le tecniche di quel tempo e i propri vitigni autoctoni, il suadente ‘Shedeh’

Il suadente Shedeh appare nell’antico testo di un papiro egizio[1] che lo descrive come una bevanda donata dal dio Ra ai suoi figli e si parla molto brevemente del suo metodo di preparazione, dicendo che si deve scaldare e filtrare.

Shedeh è anche il nome riportato soprattutto sulle etichette di alcune anfore ritrovate, ad esempio, presso la città di El-Amarna, capitale del regno di Akhenaton, faraone della XVIII dinastia.

Lo Shedeh doveva essere una bevanda importante e probabilmente diversa dal vino d’uva che gli Egizi producevano e che chiamavano irep;

lo si trova citato persino in una famosa e romantica poesia, scritta sul papiro “Harris 500”, oggi conservato al British Museum, che recita: “Ascoltare la tua voce è per me vino shedeh”.

Un’anfora di questo prezioso nettare è stata rinvenuta anche nella tomba di Tutankhamon; su di essa vi era la dicitura “Shedeh di ottima qualità della Casa di Aton del Fiume Occidentale. Capo enologo Rer”:

queste caratteristiche assieme all’annata di produzione, erano una sorta di garanzia che indicava non solo il livello di pregio, ma dimostrava l’importanza che la cultura vitivinicola rivestiva nell’Antico Egitto.

Il metodo di preparazione dello shedeh nei geroglifici del papiro Salt 825, che dice che il vino si deve scaldare e filtrare.

All’inizio si pensava che lo Shedeh fosse un sidro ottenuto dal melograno;

i recenti studi portati avanti da una squadra di scienziati spagnoli dell’Università di Barcellona, guidati da Maria Rosa Guasch-Jané, hanno invece dimostrato che si tratta di un prezioso vino d’uva.

E’ stato sviluppato un nuovo metodo per identificare un acido lasciato dai composti del vino, utilizzando contemporaneamente sia la cromatografia liquida che la spettrometria di massa, che ha rivelato così la presenza di acido siringico negli scarti prelevati dai vasi nella tomba di Tutankhamon.

L’acido siringante viene rilasciato dalla rottura della malvidina, componente fondamentale del vino, e in particolare di quello rosso.

Era poi sicuramente il risultato dell’assemblaggio di uve di diversi vitigni che attualmente, coi dati a disposizione, non è possibile individuare.

Dunque lo Shedeh era un vino molto alcolico prodotto da mosto cotto, di un rosso intenso, capace di provocare stati di ebbrezza, dolce e gradevole, tale da dare al defunto l’energia necessaria per rinascere al termine del suo viaggio nell’aldilà, amato durante il Nuovo Regno, ottenuto attraverso un lungo e raffinato processo di produzione.

Durante i periodi Ramesside (1292-1075 a.C.) e Tolemaico (305-30 a.C.), lo Shedeh è stato registrato sulle iscrizioni dei templi e usato come offerta religiosa e per l’imbalsamazione.

Ricostruzione della camera funeraria del faraone Tutankhamon (Fonte: www.corriere.it)

Presso “TourismA 2017”, il Salone Internazionale dell’Archeologia, allestito dalla rivista Archeologia Viva al Palazzo dei Congressi a Firenze, e durante la quale è stata presentata la ricostruzione tridimensionale, in scala 1:1, della camera mortuaria di Tutankhamon, l’azienda trevigiana Antonio Rigoni nella figura di Fabio Zago, ha proposto in degustazione il suo Shedeh.

Grazie al contributo degli egittologi, ed in particolare della dottoressa Donatella Avanzo, è nato questo prodotto, per il quale si è scelto di utilizzare alcune delle uve autoctone più antiche presenti nel territorio:

il vino è a base di raboso piave (di cui una parte passita), storico vitigno veneto, assieme ad una percentuale di merlot e cabernet franc, che lo rendono molto adatto all’invecchiamento;

le tre uve vengono vinificate singolarmente e poste separatamente in barrique di rovere francese e castagno per la maturazione;

dopodiché si procede all’assemblaggio, facendolo sostare ancora per un periodo in bottiglia prima della commercializzazione.

Una rivisitazione tutta italiana dello Shedeh, un originale omaggio all’antico Egitto.

Rigoni Sala è una piccola realtà agricola di Chiarano in provincia di Treviso, a metà tra Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Sorge su terreni che regalano ai loro vini eleganza e raffinatezza.

Oggi la cantina è portata avanti con passione e professionalità dai figli di Antonio Rigoni, il suo storico fondatore, che ha basato la sua attività sull’amore per questa terra e per le tradizioni contadine.

Shedeh con i suoi 13 gradi alcol è un concentrato di tutto questo, un vino corposo, di un rosso rubino intenso, le cui caratteristiche organolettiche sono tutte da scoprire.

Ascoltare la tua voce è per me vino shedeh” – Etichetta di Antonio Rigoni

In attesa di degustarlo, rileggo la bellissima frase riportata anche in etichetta: “Ascoltare la tua voce è per me vino shedeh.

Società Agricola Rigoni Antonio di Sala Gianni & C.S.S.

Via Palù, 20 – Chiarano (TV)

Fax 0422-746163

Cell +39 3298281275

 

[1] Papiro Salt 825
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1 commento

  1. […] sia vini rossi che bianchi, ma anche dolci e vini mescolati. Si beveva un vino dolce chiamato Shedeh, ed in epoca greco-romana era particolarmente apprezzato il Mareotico, bianco e dolce, prodotto […]

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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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