La cunserva mara: a Spongano, tra musica, cibo e storie, a custodire memorie e tradizioni gastronomiche ci pensa il gruppo salentino dei cantori dei Menamenamò

Nel Salento più “nascosto” c’è chi svolge un ruolo molto importante nel recupero e nella salvaguardia della memoria popolare e delle antiche ricette di questa regione, così bella e affascinante. A Spongano, piccola cittadina dell’entroterra leccese che dista soli 6 km dal mare, fatta di un bellissimo centro storico con attorno campagne colorate dal verde degli ulivi e dal grigio dei muretti a secco, conosco i Cantori dei Menamenamò. Sono innanzitutto un gruppo di amici, accomunati dalla passione per la buona musica e per i canti salentini.

Si sono formati nel 1995 in occasione della festa di San Francesco, e da quel momento in poi non hanno mai smesso di allietare il territorio con concerti e manifestazioni. Grazie al direttore Luigi Mengoli, è diventato uno dei gruppi più rappresentativi della zona, ma soprattutto il primo ad interessarsi alla conservazione e alla ricerca della loro cultura etnomusicale: artisti e studiosi che con molto impegno testimoniano il grande amore per la propria terra. Dal 2011 è stato inoltre dichiarato dall’Amministrazione Comunale “Patrimonio Culturale della Comunità di Spongano”.

Si è spenta qualche giorno fa Pippina Guida, all’età di 91 anni, una delle voci del gruppo, che ha contribuito in maniera fondamentale alla raccolta e alla pubblicazione da parte dei Menamenamò degli oltre 400 canti popolari salentini, confluiti nell’Archivio Etnografico e Musicale “Pietro Sassu”. Compagna insostituibile, è stata presente in numerose manifestazioni, ha fatto udire la sua voce in vari contesti e manifestazioni culturali, calcando il palco della “Notte della Taranta” e partecipando per ben tre edizioni all’apertura del Concertone di Melpignano.

I Cantori Menamenamò – Claudia Barbieri Ph

E dalla musica al cibo il passo è breve.

Il 14 agosto a Spongano, i Menamenamò organizzano da anni in Piazza Vittoria la Sagra de la cunserva mara, distribuita gratuitamente ai presenti. Questa “conserva piccante”, fatta con prodotti locali e realizzata con maestria e cura secondo l’antica ricetta, rappresenta un’altra delle tradizioni che il gruppo tiene a proteggere perché ormai sono poche le persone che la preparano, tra cui loro stessi, nelle versioni piccante, “uscante” (bruciante o irritante) e “uscantissima”. E proprio in virtù di questo, hanno chiesto al comune di Spongano di poter ottenere la De.C.O. (Denominazione Comunale d’Origine) “Cunserva mara Menamenamò”.

Cunserva mara ” uscante” Menamenamò

Ma come si prepara questa specialità?

La cunserva mara, è un prodotto tipico della cucina salentina. Buonissima spalmata su una fetta di pane di semola, in passato era la merenda sapientemente preparata dalle massaie per i contadini di queste campagne. Utilizzata per insaporire sughi e per accompagnare lo spezzatino di carne di cavallo, è una salsa che diventa crema, fatta di pazienza e di quattro ingredienti fondamentali: pomodori, peperoni, olio d’oliva e il calore del sole d’agosto. I pomodori nostrani (ai quali si aggiunge anche un po’ di basilico e di cipolla) e i “diavulicchi” (peperoni cornulari) vengono bolliti separatamente; poi se ne fa una passata in cui si mescolano insieme parti variabili, a seconda del grado di piccantezza che si vuole avere.

Ottenuta questa salsa, successivamente si riempiono dei grandi piatti piani in terracotta (l’arte figula è un’altra grande tradizione artigianale del territorio), e inizia la fase più importante per la buona riuscita della cunserva: i piatti vengono esposti in fila al sole, sulle comode terrazze delle case salentine che sono ideali per l’essiccazione. Ogni due ore la salsa deve essere rimestata, poiché grazie al caldo, si restringe lasciando evaporare l’acqua.

E bisogna stare molto attenti all’umidità notturna, avendo cura di togliere i piatti non appena cala il sole, per poi riesporli la mattina seguente. Insomma, questo lavoro certosino dura circa tre o quattro giorni e la cunserva mara è pronta quando si è del tutto raggrumata ed è diventata solida, raggiungendo la giusta consistenza. A questo punto non resta che “temperarla” a mano con l’olio d’oliva, altro grande tesoro della gastronomia pugliese, e porla in un grande contenitore di creta chiamato “lu limmu”, e cioè una vasca circolare sempre in terracotta che un tempo era usata per lavare la biancheria con la cenere e la potassa. Ne viene fuori un impasto morbido ed omogeneo, dall’intenso colore rosso scuro, che viene poi chiusa ermeticamente dentro vasetti di vetro sterilizzati. Questa crema piccante è ottima sul pane o sulle friselle salentine, ma viene usata spesso per dare un tocco di sapore deciso sia nei sughi che per condire i tipici “fagioli cu l’occhiu” che qui si coltivano da tempi immemori, ed in genere si accompagna ad un buon bicchiere di vino negramaro.

 

Fonti:

Regione Puglia – Assessorato Agricoltura, Foreste, Caccia e pesca, Settore I.C.A.

Archivio Etnografico e Musicale “Pietro Sassu” Spongano (LE)

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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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