Dalle tradizioni mitiche alle regole per “bere bene”: il primo simposio istituito da Dioniso

Il primo a ricevere da Dioniso una pianta di vite fu, secondo Apollodoro (Bibl. I, 8, 1 ss.), Eno re di Calidone. La tradizione meglio conosciuta è, però, quella relativa all’Attica: nelle sue tante epifanie il dio apparve una sera ad un orticultore del demo di Ikarion, a nord-est di Atene, chiedendo ospitalità (Paus. I, 2, 5-6). Prima di lasciare la casa, diede ad Icario un vitigno promettendo all’ospite che, se avesse seguito i suoi consigli, ne avrebbe tratto una bevanda fuori dal comune.

Icario imparò a fare il vino ed invitò alcuni pastori a condividere con lui il meraviglioso dono. Se ne bevve in grandi quantità senza mescolarlo all’acqua, alcuni di essi perciò, ubriachi, caddero a terra. Gli altri credettero che Icario li avesse avvelenati e per questo lo uccisero. Il corpo della vittima fu gettato, mutilo, in fondo ad un pozzo. La figlia Erigone s’impiccò per il dolore. Una terribile siccità colpì la regione, a cui si poté mettere fine solo placando i morti con il sacrificio dei malvagi pastori responsabili del delitto.

L’oracolo dunque non intervenne ad instaurare il culto di Dioniso: questi lasciò deliberatamente che gli uomini facessero l’esperienza del vino puro, della potenza della bevanda divina. Il dio comparve poi sull’altro versante della periferia ateniese, nel demo di Eleutere, rivelandosi al re Anfizione e alle sue due figlie, vestito di una pelle di capra nera. Le due fanciulle ne risero e furono perciò punite con la follia. Il re, turbato, si recò a consultare l’oracolo e fece cessare il delirio decretando un culto ufficiale in suo onore. Organizzò quindi un banchetto a cui il dio prese parte insieme agli dèi della città.

Seduto a tavola presso Anfizione, Dioniso confidò al re ciò che non aveva confidato ad Icario: l’arte di bere il vino, di gustare la nuova bevanda rivelata all’umanità (Athen, Deipn. 2, 38 c). Ad egli, insomma, spetta il compito di togliere al vino ciò che ha di selvaggio: Anfizione si fa spettatore del dio che effettua la miscela di vino e acqua nel grande cratere, celebrando così il primo simposio.[1]

Le tradizioni mitiche del dono della vite da parte di Dioniso, così come tutte le vicende a lui legate, seguono dunque due direttive, opposte tra loro: il suo accoglimento o il suo rifiuto. Sembra quasi che Dioniso debba lottare per affermare la propria divinità tra gli uomini e per dare ai propri fedeli il diritto di celebrare il suo culto: è il dio straniero per eccellenza, ed è per questa ragione un dio epifanico, che appare. Questi ed altri elementi, anche di carattere rituale, li condivide con Demetra, la dea dei cereali. Dioniso e Demetra, cereali e vino, sono nell’immaginario antico il segno tangibile dell’uomo civilizzato, dell’identità culturale greca, in contrapposizione allo stato selvaggio dell’uomo nomade.[2]

Villa dei Misteri, Pompei – Dioniso ebbro nelle braccia di Arianna (o Afrodite), I secolo a.C.

Bibliografia

[1] M. Detienne, Dioniso a cielo aperto, Bari 1987

[2] P. Scarpi, La rivoluzione dei cereali e del vino: Demeter, Dionysos, Athena, in Homo Edens, Regimi, miti e pratiche dell’alimentazione nella civiltà del Mediterraneo, Milano 1989, pp. 57-66

 

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1 commento

  1. […] e quelle dei personaggi a lui connessi (di cui ho parlato a proposito del dono della vite in “Dioniso e il primo simposio”), sono un po’ diverse fra gli autori che lo trattano, ma vediamo come viene sviluppato in […]

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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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